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Canto, quindi sono

Il suo nome parla per lei, voce celestiale, legata al blues da una passione che la restituisce alla vita dopo un incidente quasi fatale.

Melody Gardot

“Io credo nel dividere il cuore con la gente, non importa quanto difficile possa essere”. Con queste parole Melody Gardot accoglie chi s’imbatte nel suo sito mentre, schioccando a ritmo le dita, invita a fermarsi su quelle pagine nere e rosa. Pochi secondi ed ecco che, con voce calda e suadente inchioda allo schermo mentre, un brano dopo l’altro, scorre la colonna sonora della sua vita. Poche righe bastano a scoprire il perché della scelta di quei colori. Nero, come la disperazione, conosciuta a soli 19 anni, rosa come l‘ottimismo che la trascina via dal baratro e la consegna ad una nuova esistenza.

Melody ha una doppia vita, divisa da una cesura datata 2004, anno dell’incidente che per poco non la uccide e che la blocca su un letto per lunghi, interminabili mesi. Prima di allora, la sua passione per jazz, folk, pop e rock, si consumava sulle corde della chitarra, nei locali notturni di Philadelphia, dove era nata, nel 1985, e dove frequentava il Community College. Un giorno, mentre passeggia in bicicletta è investita da un’auto che le provoca fratture multiple, danni cerebrali, perdita di memoria e la riduce in fin di vita.

Poi il risveglio, le amnesie e l’intuizione di un neurologo che le propone di curarsi con la musica. Una terapia svolta sui tasti del pianoforte, prima sconosciuto, ed ora imparato a suonare dal letto, grazie alla tenacia e all’innato ottimismo che le restituiscono lentamente identità di donna e di artista. È in questo periodo che emerge la serie di brani che Gardot avrebbe pubblicato, una volta fuori dal tunnel, con il titolo di “Some lessons: the bedroom session”. Sei pezzi grondanti di sentimento, la storia di una resurrezione e di una maturazione professionale.

Oggi, nonostante la condizione di semi-invalidità per cui si appoggia al bastone e alla fotofobia che la costringe a nascondersi dietro agli occhiali neri, la Gardot è lanciata sulla scena internazionale. Dal Festival di Montreal, al tour europeo in corso in questi giorni, fino alle date statunitensi, porta in giro la sua seconda creatura, “Worrisome Heart”, l’album di ballate tra jazz e blues, a cui partecipano il chitarrista Jef Lee Johnson , l’organista Joel Bryant ed il trombettista Matt Cappy.

Forte dell’esperienza e del profondo legame sviluppato con la sua arte, Melody si conquista paragoni con le voci femminili più importanti del suo genere. Mostri sacri come Norah Jones, Madeleine Peyroux, persino Aretha Franklin, ma soprattutto Billie Holiday. È come lei  un’eroina musicale, tra quelle donne che sebbene in tempi e modalità diversi sono in grado di trasformare la sofferenza in arte vitale.