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Cà Dario, la casa maledetta

Un bellissimo palazzo a Venenzia riserva una tragica sorte a chi ne entra in possesso

Casa maledetta Venezia
LaPresse
La sua particolare bellezza, celebrata da artisti e scrittori, rende Cà Dario uno degli edifici più caratteristici Venezia, con la facciata riccamente decorata che affaccia su Canal Grande e il retro dipinto di rosso. Ma tanta bellezza architettonica cela una delle storie più inquietanti della città lagunare: su Cà Dario infatti graverebbe una maledizione, che regala un destino crudele a tutti coloro che ne diventano proprietari.
 
Storia o leggenda? Ci sarebbe un inquietante filo conduttore che lega tutti i proprietari di Cà Dario, che attraversa fatti di sangue o di famiglie andate in rovina. Leggenda narra che Marietta, la figlia di Giovanni Dario, colui che la fece costruire sul finire del 1400, ricevette il palazzo in dono nuziale, ma il marito Vincenzo Barbaro ebbe dopo pochi anni un tracollo finanziario disastroso; egli finì accoltellato, Marietta si suicidò; il loro figlio di lì a poco sarebbe morto in un agguato mentre era in viaggio. In seguito a queste morti i veneziani anagrammarono l’iscrizione della facciata in una frase latina che recitava ‘Io genero sotto un’insidiosa rovina’. Fu quindi la famiglia Barbaro ad ereditare il palazzo maledetto, ma lo vendette ad un commerciante di pietre preziose, Arbit Abdoll, il quale fece bancarotta poco dopo. Costretto a vendere a sua volta Cà Dario all’acquirente Rawdon Brown, che non ebbe più fortuna del predecessore. L’edificio passò nelle mani di un conte ungherese, poi di un ricco irlandese, fino a diventare proprietà della contessa Isabelle Gontran de la Baume-Pluvinel sul finire del 1800: ed ecco che ricominciano le morti tragiche, a partire da un poeta ospite della contessa, morto per malattia. Passaggio dopo passaggio, Cà Dario divenne proprietà di Charles Briggs, miliardario americano che fu costretto a fuggire da Venezia perché perseguitato a causa della presunta omosessualità, e il cui amante si suicidò. 


La facciata principale sul Canal Grande
 

Teatro di tanta sfortuna, Cà Dario rimase senza proprietario per diversi anni, finché nel 1964 il tenore Mario del Monaco intraprese le trattative per l’acquisto, interrotte da un grave incidente stradale avvenuto sulla via di Venezia. Siamo negli anni ’70, ed eco che un conte torinese, Filippo Giordano delle Lanze, si fa avanti, ma viene assassinato all’interno del palazzo stesso da un marinaio con il quale aveva una relazione. L’omicida, Raul Blasich, venne a sua volta ucciso a Londra dove si era rifugiato.
 
La storia moderna di Cà Dario si arricchisce di proprietari sfortunati, tra cui Christopher ‘Kit’ Lamber, manager della band The Who, che affermava di non credere alla maledizione ma, si dice dormisse nel chiosco del vicino Hotel Gritti per ‘sfuggire ai fantasmi’. In quegli anni la sua dipendenza dalle droghe si intensificò tanto da incrinare i rapporti con la band e causare il suo tracollo finanziario. Seguì Fabrizio Ferrari, uomo d’affari locale che abitò Cà Dario con la sorella Nicoletta, morta in un incidente stradale senza testimoni, mentre egli fu coinvolto in un crack finanziario e vicende violente che portarono all’arresto. Nel 1993 fu il finanziere Raul Giardini ad entrarne in possesso, il quale si suicidò (in circostanze poco chiare) in seguito allo scandalo di Tangentopoli che lo coinvolse. Per anni nessuno volle più acquistare Cà Dario. Pare che Woody Allen se ne fosse interessato per poi demordere, mentre nel 2002 il bassista John Entwistle l’affittò momentaneamente ma vi morì di infarto. Attualmente proprietà di una società americana in rappresentanza di un acquirente ignoto, è in fase di restauro, ma le voci della sua presunta maledizione non si sono mai placate. C’è chi è pronto a dimostrare che vi sia più leggenda che realtà nella cronistoria che vi abbiamo raccontato, ma chissà se gli scettici sarebbero disposti a soggiornarvi nelle notti a cavallo di Halloween e del Giorno dei Morti…
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