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Pane, il futuro è nella sua storia

Pane, la meravigliosa semplicità del cibo più antico tra produzione di qualità e lavorazione chimica

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Prima di tutto chiariamo una cosa: il pane tradizionale è costituito essenzialmente da farina, acqua, lievito e sale. Altri ingredienti non solo sono superflui, ma rischiano anche di danneggiare la salute. I fornai artigiani, che oggi sono diventati un’esigua minoranza, lavorano il pane e prima d’infornarlo lo lasciano lievitare. La maggior parte del pane industriale, invece, è preparato utilizzando il cosiddetto Chorleywood Bread Process (CBP), un procedimento molto rapido che però richiede l’impiego di grandi quantità di lievito. Il risultato è un pane pieno d’aria e ricco d’acqua, “tenuto su” grazie a l’aggiunta di grassi e addizionato con un elevato quantitativo di sale per compensare la mancanza di sapore. A differenza dei panificatori tradizionali che utilizzavano la pasta madre, nei panifici industriali oggi si adopera il lievito di birra, molto più veloce e di facile reperimento.

Il problema consiste nel fatto che la pasta madre, oltre al semplice lievito, contiene anche lactobacilli, elementi preziosi che conferiscono, in base all’acqua, all’aria e alle farine, un particolare sapore al prodotto finale che viene a perdersi e ad omogeneizzarsi con l’impiego dei lieviti industriali. Il risultato è un pane che dura a lungo ma senza la consistenza, né il sapore o la qualità del pane preparato con cura. Diffidate anche dal pane ottenuto da farine integrali non biologiche, che a prima vista potrebbe sembrare più salutare: secondo una ricerca inglese pubblicata nel giugno 2005 dal Pesticides residues committee (www.pesticides.gov.uk), il pane integrale non biologico contiene livelli di residui di pesticidi più alti di altri tipi di pane, proprio perché i pesticidi vanno ad accumularsi nella parte esterna del chicco (crusca).

Per millenni il pane è stato un miscuglio di farine, acqua e lievito naturale anche detto pasta madre, finché la rivoluzione industriale e lo sviluppo della chimica degli alimenti hanno accorciato i tempi di lievitazione, a discapito però della digeribilità.

La voglia di riappropriarsi dei gesti e dei sapori di un tempo ha portato però ad una riscoperta del pane tradizionale , quello artigianale, preparato con buone farine e pasta madre. Insomma: il pane fa bene alla salute, rimette in ordine il nostro organismo provato dal consumo eccessivo di proteine animali, grassi saturi e zuccheri. Privo di grassi (a meno che non sia all’olio), il pane artigianale invece apporta proteine vegetali e ha molto amido. Inoltre quello integrale è particolarmente ricco di fibre, fondamentali anche per dare un senso di sazietà prolungato. Da non dimenticare che il pane  è ricco di sali minerali e vitamine del gruppo B, grandi alleate anche del buonumore.

Ma il pane fa bene anche all’economia virtuosa del territorio. Il suo consumo ha subito un crollo: ne mangiamo appena 90 grammi al giorno a testa, contro 1,1 chilo del 1861, anno dell’Unità d’Italia. È vero che l’alimentazione odierna è più varia, ma incentivando la produzione artigianale di pane a pasta madre si verrebbero a creare reti tra consumatori, molini, produttori di cereali e panettieri. E tutto non solo per salvare il pane, ma anche la nostra salute.