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I taralli, la risposta italiana alle patatine

E’ così che li definisce il New York Times, in una mini-ode ad uno dei prodotti da forno più famosi d’Italia

Nella tradizione gastronomica italiana ci sono mille e più piatti che il mondo intero apprezza. Ma a volte non ci rendiamo conto che il più semplice degli snack può apparire come vera manna dal cielo oltreoceano. Ecco che ad esempio gli americani si stanno letteralmente innamorando dei taralli, o almeno i fortunati che hanno potuto assaggiarne una versione genuina.

Vi dedica un articolo il New York Times, riportando la ricetta dei taralli al pepe nero che lo chef Rocky Maselli propone nel ristorante A16 di San Francisco. Vengono definiti ‘la risposta italiana alle patatine’, ovvero uno snack perfetto per accompagnare aperitivi e spuntini fuori pasto. I taralli, riporta l’articolo, hanno infatti la croccantezza, la sapidità, il sapore ideale per accompagnare drink e bevande pre-cena.

Ma da dove deriva la tradizione del tarallo?

I taralli sono tradizionalmente associati alla Puglia e alla Campania, ma ne esistono versioni calabresi, molisane, lucane, laziali, siciliane. Si distinguono per impasto e cottura, e spesso anche per dimensione. In generale si definisce tarallo un anello di pasta panificata resa croccante dalla cottura in forno. Il tarallo pugliese, anche chiamato tarallino, è realizzato con farina, olio d’oliva, vino bianco ed eventualmente aromatizzato al finocchio. La particolarità dell’impasto è che si fa prima bollire, e poi cuocere in forno. Il tarallo campano è invece più grande, spesso arricchito dalle mandorle e preparato con lo strutto.

Taralli napoletani
Taralli napoletani

Non vi sono certezze sull’origine dei taralli e del loro nome. Matilde Serao, che della storia di Napoli ha scritto approfonditamente, racconta ne ‘Il Ventre di Napoli’ che nel ‘700 era grazie ai taralli che la popolazione affamata riusciva a riempirsi la pancia. I fornai infatti, fedeli al principio del non buttare nulla, avrebbero cominciato a cuocere i taralli dagli avanzi dell’impasto del pane. Aggiungendo strutto e pepe, crearono una sorta di ‘pane dei poveri’, saziante ed economico. Storia certa non c’è, eppure il tarallo è così radicato nella tradizione gastronomica italiana da essere protagonista di un detto. Finire a ‘tarallucci e vino’ significa che una lite, o un contrasto, sono finiti in modo amichevole. Probabile retaggio delle litigate che nelle osterie si sedavano grazie ai fumi dell’alcol. Da un origine tanto umile all’ode sul New York Times il tarallo ne ha fatta di strada.

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