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Leopardato, intramontabile animalier

Primavera Estate, ma anche Autunno Inverno: la stampa leopardata detta legge in ogni stagione

C’è stata un’epoca in cui era sinonimo di classe. Un’altra in cui era divenuta troppo audace, ai limiti del volgare. La stampa a macchia di leopardo è stata sull’ottovolante delle tendenze più di ogni altra. Oggi pare essersi stabilizzata, entrando nel mainstream, calcando le passerelle ma vestendo anche i look più comuni. Tra le stampe animalier, il leopardato è senza dubbio l’evergreen. Prendiamo ad esempio le collezioni Primavera Estate 2016 e quelle Autunno Inverno 2016/2017: il leopardato domina con fierezza entrambe le stagioni.

Milano Fashion Week - Sfilata Roberto Cavalli. Foto LaPresse
Milano Fashion Week, sfilata Roberto Cavalli collezione Autunno Inverno 2016/2017. Foto LaPresse
Storia del leopardato

A ben guardare indietro nel tempo, l’animalier è forse lo stile di abbigliamento primordiale, per forza di cose. Ma se un tempo gli uomini e le donne dovevano vestire con le pelli delle fiere per coprirsi, è dai tempi degli antichi Greci che questo diventa un vezzo estetico. Non solo leopardato: tigrato, zebrato, pitonato. Il tessile comincia già all’epoca ad essere decorato come il vello degli animali. E così fu anche tra i Romani, che associavano il vello delle fiere al culto dionisiaco – selvaggio, audace, carnale. Pellicce, ma anche stampe, che dall’avvento del cristianesimo in poi evocheranno la lussuria. Non a caso Maria Maddalena nel ‘400 spesso veniva dipinta con uno scialle maculato.

Insomma l’animalier non è un’invenzione contemporanea. Ma è intorno agli anni ’30 che il leopardato diventa sinonimo di classe, eleganza, glamour. Perché lo portano le dive del cinema come Joan Crawford, Rita Hayworth, Bette Davis. Josephine Baker addirittura possedeva un leopardo da compagnia.  Negli anni ’50 comincia il declino, e il leopardato inizia ad essere visto più come un elemento provocante, ai limiti della volgarità. Questa fama rimane per parecchi anni. Negli anni ’80 e ’90 è sinonimo di opulenza, e di quella sfacciata, sfrontata. Ricordate la fotografia di Joan e Jackie Collins scattata da Annie Leibowitz? Le due dive siedono nel retro di un’auto di lusso, con sedili in pelle bianca, e Joan indossa un lungo cappotto leopardato che si estende sul sedile creando una sorta di fondale maculato. Indossano gli occhiali da sole, i capelli sono cotonati, e lo sguardo da chi è arrivata in cima.

Milano Fashion Week, sfilata Versace collezione Primavera/Estate 2016. Foto LaPresse
Milano Fashion Week, sfilata Versace collezione Primavera Estate 2016. Foto LaPresse
Chi lo sceglie oggi?

Ebbene, la riscoperta della stampa a macchia di leopardo avviene negli anni più recenti. Prima azzardata dalle maison che non hanno mai fatto mistero del ritenere la sfrontatezza sinonimo di bellezza. Poi, un poco alla volta, sempre più affinata, resa contemporanea da mix studiati, posata su mise eleganti con un tocco sauvage. Ecco che il leopardato torna a calcare le passerelle, sia nelle collezioni estive, che in quelle invernali. E se questa estate non avete colto le indicazioni di Versace, Lanvin, Saint Laurent che lo hanno colorato, mimetizzato col camouflage, messo su abiti sottoveste o trench, non perdetevi il maculato in arrivo per la stagione fredda. Ci pensano Bottega Veneta, Givenchy, Ermanno Scervino, Moschino Couture a proporlo come manto per i cappotti. Tod’s a metterlo sulle borse, così come Alexander Wang. E ancora Calvin Klein, Miuccia Prada, Dries Van Noten, Roberto Cavalli. Insomma l’indicazione è data: “As far as I’m concerned, leopard is a neutral”, disse una volta Jenna Lyons. Ovvero, “per quanto mi riguarda, il leopardato è neutrale”. E se lo dice ‘la donna che veste l’America’, come è soprannominata la style-icon, possiamo crederci.

 

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