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Enologia 2.0: le nuove tendenze che fanno discutere

Dal vino in lattina a quello scelto con il teste del DNA. Novità dal mondo che non sempre convincono

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BraunS-istock

Se c’è un settore in cui generalmente la tradizione viene considerata sinonimo di eccellenza, è quello dell’enogastronomia. Un prodotto viene considerato tanto più prezioso quanto è più lunga la sua storia e radicata la sua cultura. Eppure la ricerca del nuovo e la sperimentazione estrema non risparmiano cibo e bevande. Ed assistiamo, dunque, continuamente, alla nascita di novità e nuove tendenze. Anche quando portano a risultati che secondo molti appaiono alquanto discutibili. Ultimamente, ad esempio, in alcuni Paesi si sta assistendo alla nascita di una sorta di enologia 2.0. Alcuni dei più radicati punti fermi legati al consumo del vino potrebbero, dunque, venire ben presto scardinati. O forse no. In ogni caso “l’enologia futurista” sembra volersi concentrare soprattutto sulla “semplificazione” della cultura enologica e della fruizione dei suoi prodotti, nonché sulla ricerca, persino genetica, del vino perfetto per ogni palato.

Negli Stati Uniti la lattina è (forse) la risposta

Viviamo in un’era in cui la praticità è un valore aggiunto. Anche a scapito, talvolta, della qualità. Allora buttiamo via cavatappi, calici di cristallo e decanter. Non perdiamo tempo a stappare, versare, e far prendere aria al vino. Diamoci la possibilità di berlo facilmente senza trafficare con accessori vari e bicchieri preziosi. Non diamoci tante arie quando ne degustiamo un calice. E soprattutto non rischiamo di rovinare un’intera bottiglia quando ne vogliamo bere soltanto un bicchiere. Deve essere questo che hanno pensato quei produttori del XXI secolo che hanno deciso di mettere in lattina il vino.

E, per lo meno su una fetta di mercato statunitense, l’operazione sembra avere avuto una certa presa. L’idea di poter disporre di una “monoporzione” in qualunque momento, e la praticità di aprire e consumare il proprio vino facilmente anche ad un festival, o sulla spiaggia, sembra aver suscitato un certo fascino. Il vino diventa semplice ed in questo modo non ci si sente fuori luogo bevendo da un calice mentre i propri amici si aprono una lattina di birra. Calici e bottiglie li possiamo lasciare ai palati raffinati oppure per le cene romantiche.

Al momento l’iniziativa sembra aver preso piede soltanto negli USA, in ogni caso alcuni esperti non condannano del tutto l’idea. Si tratta solamente di avere chiaro ciò che si vuole. E’ come quando, sostengono, ci si trova a scegliere tra la cucina casalinga ed un piatto pronto. Hanno entrambi i loro vantaggi, ma soddisfano necessità o desideri differenti. Sarà anche vero, ma in un Paese come il nostro, dove la cultura del vino è profondamente radicata, la cosa suona alquanto strana.

L’enologia è anche “genetica”

Se la lattina accontenta quei consumatori che cercano il piacere del vino senza troppe sovrastrutture, c’è chi, invece, ancora vede il nettare di Bacco come qualcosa da assaporare non soltanto con il palato. Un calice di vino diventa un’esperienza multisensoriale che appaga la mente e fa bene all’umore. Per chi ricerca il piacere di una degustazione che mandi in visibilio tutti e cinque i sensi, un’azienda americana sembra aver trovato il modo di scovare il vino perfetto per ognuno. Come? Ricorrendo alla scienza. Anzi, alla genetica, per essere più precisi. Sembrerebbe, infatti, che siano 10 geni a determinare il proprio “profilo gustativo”. Sono loro che “ci dicono” cosa ci piace e cosa no, cosa semplicemente gradiamo e cosa, invece, ci manda in estasi. Una volta tracciato il nostro profilo non sarà più necessario, dunque, trascorrere minuti davanti al reparto di vini. La scelta sarà semplice ed immediata quando sapremo qual è il vino perfetto per noi.

Ed è qui che entra in ballo la genetica, perchè l’azienda offre, infatti, un test gratuito del DNA per conoscere qual è il proprio vino ideale. Basta richiedere il kit per la raccolta di un campione del proprio codice genetico attraverso la saliva. Una volta rispedito, l’azienda, che non a caso si chiama Vinome (contrazione di vino e genoma), lo farà analizzare. E quando avrà tracciato il profilo gustativo del consumatore, gli invierà, al costo di 59 euro, la sua bottiglia ideale. Questa sembra davvero l’enologia del futuro. Ma il gusto di sperimentare diverse etichette con il proprio palato, non è, forse, anch’esso motivo di piacere?

 

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