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Pro Hijab: il velo tecnico per le atlete islamiche

Lanciato da poco, ha già fatto un polverone. C’è chi lo ama e chi lo odia: l’hijab tecnico firmato Nike

Nike pro hijab

Si chiama Nike Pro Hijab, ed è un capo a cui l’azienda di abbigliamento sportivo ha lavorato per oltre un anno. Un hijab sportivo, per le atlete di fede islamica che desiderano gareggiare a capo coperto. Senza rinunciare al comfort tecnico. Le atlete musulmane ne avevano bisogno per migliorare le loro prestazioni, ha affermato l’azienda. Che ha così fatto breccia nel mercato musulmano. Percorso che già diverse aziende di moda hanno intrapreso.

Nike Pro Hijab sportivo per atlete musulmane

Il Pro Hijab è stato progettato grazie alla consulenza di atlete che hanno raccontato le difficoltà di gareggiare con veli non tecnici. Le sportive hanno fin’ora dovuto utilizzare veli in cotone, che si bagnano quando inizia la sudorazione. Creando enorme disagio e possibili ripercussioni sulla performance. Atlete del calibro di Amna Al Haddad, sollevatrice di persi degli Emirati Arabi Uniti che ha partecipato alle Olimpiadi di Rio del 2016. La pattinatrice sua connazionale Zahara Lari, testimonial della campagna Pro Hijab. Compare nelle prime pubblicità anche l’allenatrice egiziana di atletica Manal Rostom. Le sportive hanno fatto da ‘consulenti’ e prestato i loro volti a Nike. Che dopo un anno di lavoro ha presentato al mondo il modello di velo tecnico.

Una cuffia elastica in tessuto traspirante, che sarà commercializzata a partire dal 2018. In tempo per le Olimpiadi Invernali in Corea del Sud. Realizzato in ‘power mesh’ Nike Pro Hijab ha dei micro fori che permettono la traspirazione. Leggerissimo, con cuciture morbide sulla nuca che non danno fastidio alla pelle, e lunghezza posteriore che consente di infilarlo sotto il colletto della maglia, per massima copertura e comfort. Sarà disponibile in due taglie e tre varianti di colore: nero, ossidiana e grigio.

Polemiche e apprezzamenti

La notizia è stata accolta con piacere da molti, sportive musulmane in primis. Ma ha anche fatto emergere criticità a sfondo più o meno razzista o politico. Da chi minaccia di boicottare l’azienda per ragioni di islamofobia tout court (che tuttavia aumenterà il fatturato di cifre che si prospettano attorno ai 5 miliardi di dollari in 2 anni). A chi la accusa di sostenere un capo di abbigliamento che opprime le donne. Dimenticando però che proprio grazie a questo capo le donne potrebbero avere uno strumento in più per emanciparsi: la carriera sportiva. Secondo chi sostiene l’iniziativa si tratta di una notizia positiva per ampliare la partecipazione delle donne allo sport.