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Essere se stessi al colloquio di lavoro paga

E aumenta di cinque volte le probabilità di assunzione. Lo studio

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Autentici e veri: essere se stessi è sempre positivo. Soprattutto durante un colloquio di lavoro. È la conclusione a cui è arrivato un recente studio pubblicato sul Journal of Applied Psychology, realizzato da Celia Moore. La professoressa del Dipartimento di Management dell’Università Bocconi si è concentrata sull’impressione che danno di sé i buoni candidati.

Essere se stessi aiuta a trovare lavoro: lo studio

Moore, insieme a Sun Young Lee (University College London), Kawon Kim (The Hong Kong Polytechnic University) e Daniel Cable (London Business School), hanno analizzato le probabilità di successo di un colloquio.

E hanno concluso che chi si sforza di presentare se stesso con precisione, aumenta fino a 5 volte le possibilità di successo. In un mondo competitivo, l’idea comune è quella di presentarsi altamente qualificati. Inglese, conoscenze tecnologiche, esperienza. In un mare di possibili candidati, l’arma migliore è quella di essere sinceri. Lo studio “The Advantage of Being Oneself: The Role of Applicant Self-Verification in Organizational Hiring Decisions” parla chiaro. Rendersi attraenti non basta. È necessario invece essere sé stessi.

La ricerca riguarda soprattutto i candidati di alta qualità. Al centro della ricerca è il concetto di autoverifica. In modo che gli altri si facciano di noi la stessa immagine che abbiamo di noi stessi. Finora si sapeva che l’autoverifica influenza positivamente risultati che si sviluppano nel tempo, come il processo di integrazione in una nuova organizzazione. La ricerca mostra, per la prima volta, che l’autoverifica può avere importanti effetti anche sulle interazioni personali a breve termine, come il processo di assunzione.

Essere se stessi: l’autoverifica è l’arma vincente di chi vale

Il primo studio utilizza un campione di insegnanti di tutto il mondo alla ricerca di un lavoro negli Stati Uniti. Una forte propensione all’autoverifica aumenta dal 51% al 73% le possibilità di colpire nel segno. Il secondo studio conferma questo effetto in un ambito radicalmente diverso. Avvocati che fanno domanda per una posizione nelle forze armate statunitensi, aumentano di 5 volte le possibilità di successo. Dal 3% al 17%, se hanno una forte propensione all’autoverifica.

Ma attenzione: l’effetto di essere se stessi riguarda solo i candidati di buona qualità. Per chi spera che ammettendo di essere poco qualificato arrivi il lavoro, l’autoverifica può addirittura peggiorare la posizione.

Gli studiosi hanno analizzato 300 persone e hanno selezionato quelli con una propensione all’autoverifica molto alta o molto bassa. Questi individui hanno partecipato alla simulazione di un colloquio di lavoro. E la trascrizione è stata sottoposta a un’analisi del testo. Sono state evidenziate differenze nell’uso della lingua in funzione della propensione dei candidati all’autoverifica. Le persone con una forte propensione parlano di se in maniera più fluida e sono percepite come più autentiche e meno manipolatrici.

Un dato positivo nel mercato del lavoro. “Usano più parole funzionali (preposizioni, pronomi, verbi ausiliari), che riflettono la fluidità d’esposizione di una persona, e più parole legate alla percezione visiva (come “guardare, vedere, visione)”, spiega Daniel Cable. Inutile presentarsi come “perfetti”. Celia Moore spiega come l’alto valore di un candidato possa essere la “scusa” per presentarsi con onestà. Una libertà che possono permettersi in pochi. E che di sicuro funziona anche fuori dal mondo del lavoro.

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