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Arisa: le Barbie, le lezioni. E le “psicomagie”

E’ una delle regine dell’estate: il “suo” singolo spopola. E, mentre si prepara per il suo ritorno in tv, fa qualche bilancio…

Arisa
Arisa

E’ una delle protagoniste del Wind Summer Festival 2017, ma di tutta l’estate italiana. La canzone L’esercito del selfie, di Takagi & Ketra, feat Arisa e Lorenzo Fragola, è diventata uno dei tormentoni estivi. E la si sente ovunque, con tanto di hashtag sui social. Con il suo “Ho perso il mio amore il tour”, invece, girerà l’Italia sino a metà settembre.

Quale sentimento prevale quando selezioni testi e note delle tue canzoni?
La mia scrittura, in genere, è rara. Ci sono delle volte in cui mi metto davanti al pianoforte ed esce qualcosa, ma è un esercizio di improvvisazione che rimane fine a se stesso perché non ho né il coraggio, né la tecnica per poter continuare un brano che inizio. Magari ci sono ritornelli bellissimi, strofe bellissime, suono il pianoforte senza averlo mai studiato, quindi non mi ricordo gli accordi e neanche le note. Ma io ho il mio salvagente, che si chiama Giuseppe Anastasi e, con lui, tutto il mio team di giovani autori.

Scusa, suoni il piano senza averlo studiato?
Io suono così, faccio ritornellini, colonne sonore che non posso rifare. Mi piace suonare con mia nipote, che è assolutamente inconsapevole, come me, e con cui faccio cose pazzesche. Il pianoforte mi piace più come liberazione dell’anima, ma non mi piace perseguire concetti troppo filosofici.

Quale sentimento pervade quando ti innamori di un testo o di una canzone?
Quando ascolto una bella canzone, mi entra dentro. E’ come se tu sentissi una cosa in pancia, un sentimento di appartenenza. Ed è bellissimo, perché quando una canzone ti appartiene davvero, non ti stanchi mai di cantarla, perché è qualcosa che fa parte della tua vita e della tua storia. Ancora oggi, quando ripropongo Sincerità, rivedo la me stessa del 2009, e io mi voglio bene e mi abbraccio ancora come un tempo.

Arisa

Come senti di essere cambiata negli anni?
Ho capito che bisogna per forza volersi bene. Non bisogna farsi angosciare per troppo tempo dalle cose: bisogna fare un punto della situazione e, quando sei triste, ti fai un attimo da parte, fai il tuo resoconto, e vai avanti. Non soffermarsi mai sulle cose che non vanno; trovare sempre il lato positivo delle cose è molto importante.

Arisa: “Trovare sempre il lato positivo delle cose è molto importante”

Com’era la tua camera da letto da ragazza?
Disegnavo sui muri, l’ho fatto sempre, ma non nella mia casa attuale. Fino a quando scrivevo sui muri riuscivo a scrivere canzoni perché quelle rimanevano lì. Ora non lo faccio più, e dimentico. La mia camera era tappezzata di poster di Michael Jackson, di frasi di Gandhi o testi in inglese di alcune canzoni. Ma anche fotografie, e tantissimi disegni. Mia madre ha avuto una vita difficile, povera stella, con me…

Arisa, da piccola, giocava da sola o con amiche?
Sempre da sola. Ho sempre parlato tanto, da sola. Utilizzavo le materie prime che avevo a disposizione nei dintorni. Ad esempio, disegnavo con delle pietre colorate. E giocavo con le Barbie che mi regalavano. Me ne regalavano tante, perché ero figlia unica e la più piccola della famiglia. Mia madre, per non darmele tutte insieme, le metteva su dei ripiani. Io le vedevo da lontano come un cagnolino che vede il cibo da lontano. E aspettavo la ricorrenza in cui mia madre ne scendesse una.

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Ce le hai ancora?
Qualcosa sì. Ricordo che una volta staccai a morsi le ginocchia di una bambola e la nascosi sotto la cenere. Proprio da omicida: ci vorrebbe Agatha Christie. L’ho ritrovata ultimamente. Secondo Alejandro Jodorowsky ci sono delle piccole “psicomagie” che tu attui e che provocano alcuni problemi. Io, ad esempio, cadevo sempre e sbattevo la gamba sinistra. Mi sono ricordato di aver morso il ginocchio di questa Barbie. L’ho ripresa dalla cenere, l’ho medicata, colorata, con una gamba nuova. E non sono più caduta. Tutto questo è accaduto due anni fa.

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