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Attenzione, vegano non fa rima con sostenibile

Un concetto che va sottolineato: meglio premiare i prodotti di stagione e a chilometro zero…

Cuore, vegano, verdure
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Essere vegano è davvero una scelta sostenibile? E’ davvero sempre la cosa migliore da fare per tutelare l’ambiente? Perché per molte persone la scelta di diventare vegani non riguarda solo i benefici per la salute. Per molti, una delle forze trainanti alla base della decisione di tagliare carne e latticini, è ridurre l’impatto sull’ambiente. O, almeno, così credono.

Il popolo vegano è aumentato del 160% negli ultimi 10 anni. Ma le persone hanno bisogno di chiedere “da dove viene questo cibo” mentre riempiono i loro cesti con tutta la frutta del mondo. Melograni e mango dall’India, lenticchie del Canada, fagioli dal Brasile, mirtilli dagli Stati Uniti e bacche di goji dalla Cina. In realtà mangiare braciole di agnello che provengono da una fattoria a poche miglia lungo la strada aiuta molto più l’ambiente che mangiare un avocado che ha viaggiato per migliaia di chilometri.

Vegano sì, ma ad alcune condizioni…

Mentre deprediamo avidamente il cibo proveniente da tutto il mondo, è il consumatore occidentale a trarne beneficio. Mentre quelli che si trovano nel paese in cui quegli alimenti vengono raccolti e/o prodotti, rimangono a bocca asciutta. Con prezzi così alti che non possono essere acquistati. Vedi i prezzi dell’avocado in Kenya. O dei vegetali in Australia, per cui è in corso un’opera di l’auto-razionamento. In parte colmata dalla produzione del Messico.

Potremmo anche parlare della quinoa. Nel 2013, che l’ONU ha soprannominato l’anno della quinoa, il grano delle Ande, i prezzi di questo erano diventati troppo costosi per la popolazione locale. Eppure era una parte fondamentale della dieta di questa terra. Con prezzi triplicati. Sino a superare quelli del pollo.

Allora va bene mangiare “green”, ma occorre puntare al cibo locale. E a quello stagionale, soprattutto. Senza troppe forzature. Promuovendo il commercio locale che a sua volta permetterà nuovi orti e nuove produzioni. E’ questa la vera mentalità “green”.

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