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Ristorazione, le possibilità della premiumization

Una ricerca di SDA Bocconi scopre 5 strategie per avvicinare il mercato di massa a quello di lusso

la premiumization è la strategia che collega la ristorazione di massa a quella di lusso
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Premiumization: un termine tanto insolito quanto innovativo. Almeno in Italia. Si tratta di una pratica sempre più diffusa che è stata al centro dell’incontro dell’Università Bocconi “Food retail & ristorazione commerciale: essere casual, essere premium”.

È proprio nelle possibilità di collegare casual e premium che viene spiegato la premiumization. Un’interessante analisi delle strategie della ristorazione per avvicinare il mercato di massa a quello di lusso. Uno studio condotto da Guia Pirotti, Professor di SDA Bocconi.

Premiumization: la ristorazione per molti si fa di lusso

Le aziende della ristorazione commerciale operanti in Italia che perseguono strategie di premiumization ottengono i migliori risultati economico-finanziari. Sono queste strategie a incontrare il gradimento del pubblico. E il perché è davvero sorprendente. Queste aziende offrono beni e servizi presentati come riservati a intenditori, ma in realtà destinati a quante più persone possibile. Così facendo, distinguono la loro offerta da quella dei concorrenti.

La premiumization, intesa come capacità di offrire prodotti d’eccellenza a prezzi accessibili, risponde alle esigenze dei consumatori “aspirazionali”. Una classe che basa il proprio status su consumi ricercati e consapevoli. Nell’ambito del consumer food service è nata così una categoria intermedia tra fast food e fine dining che sta crescendo a ritmi sostenuti. “Il fenomeno sta esplodendo anche in Italia ed è in continua crescita”, spiega Pirotti.

La ricerca

I ricercatori hanno analizzato sei comparti della ristorazione quali: full service restaurants, cafè/bars, fast food, chianed consumer foodservice, street kiosks e home delivery/take away a livello di singoli brand. Per avere realtà quanto più possibile comparabili, la ricerca non ha incluso giganti come Autogrill o McDonald’s. come anche le microimprese del settore, perché interessate da logiche specifiche. In compenso, attraverso un innovation radar, ha selezionato alcuni brand emergenti di rilievo.

Individuate le aziende in crescita e quelle meno produttive, i ricercatori ne hanno studiato le scelte manageriali. Quelle che ottengono i migliori risultati sono le più attente ad aggiungere un contenuto premium ai prodotti. E sono stati individuati i cinque pilastri fondamentali della premiumization del settore.

Valorizzazione degli ingredienti

La premiumization si raggiunge certificando le materie prime e arrivando a “firmare” gli ingredienti come griffe di moda. Un esempio? Panino Giusto con il progetto di “certificazione” dei Panini Italiani autentici. “Essere focalizzati su un determinato prodotto aiuta”, spiega Pirotti. “Così come offrire un menu che cambia e che diverte il consumatore”. La Piadineria offre la possibilità di scegliere impasto, forma e ricetta. Alice Pizza offre oltre 60 gusti diversi, che cambiano in base alla stagione.

Il servizio non è meno importante

Le aziende migliori curano anche i momenti del pre consumo ( come l’app di Ham Holy Burger) e del post consumo. E sono in grado di traslare il servizio altrove, dai supermercati agli aeroporti (come fa Sushi Daily). Anche la disponibilità di marchi diversi, che accompagnino ogni occasione d’uso, rientra in questa strategia. La Bottega del Caffè è parte di Cibiamo Group, che copre diverse occasioni d’uso con i suoi format.

Esperienzialità

Risulta utile per coinvolgere il consumatore l’inserimento della cucina o addirittura della produzione a vista. Miscusi ha, ad esempio, un mulino all’interno dei ristoranti. Ma anche la capacità di trasformare il consumo in un processo di scoperta o di legarsi a un tema divertente (Old Wild West).

Artigianalità standardizzata

Strategia vincente anche l’investimento nella formazione, con la creazione di accademie interne al fine di trasformare i collaboratori in artigiani. In questo modo il prodotto viene reso il più possibile artigianale, seppur in un sistema di offerta che punta ad essere scalabile. È quel che fanno Alice Pizza, Sushi Daily e Panino Giusto.

Comunicazione: il consumattore

Il parere di Pirotti in merito, è chiaro. “Il cliente è sempre più coinvolto nel processo di comunicazione. Non è più consumatore, ma ‘consumattore’ che esprime pareri sui prodotti ed è considerato dall’azienda un vero e proprio intenditore”. E’ la strategia di Briscola Pizza che ha creato “la confraternita della pizza” o di Roadhouse tramite i suoi social.

Fonte: ViaSarfatti25.unibocconi

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