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Cibi sempre più “poveri” entro il 2050

Secondo i ricercatori dell’Harvard School of Public Health i cambiamenti climatici e la maggiore presenza di anidride carbonica nell’atmosfera avranno delle ripercussioni negative sull’alimentazione

malnutrizione
Courtesy of©hadynyah/iStock

I cambiamenti che il pianeta sta subendo, inevitabilmente, avranno delle conseguenze anche sulla nostra alimentazione. Il rischio? Ritrovarsi, sempre più, a fare i conti con episodi di malnutrizione.

L’aumento dei livelli di anidride carbonica nell’atmosfera, infatti, influisce sulla crescita delle piante. Ebbene sì, riduce i livelli di zinco, ferro e proteine ​​nelle coltivazioni di base. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, questo declino di nutrienti significherà che, entro il 2050, 175 milioni di persone in tutto il mondo avranno una carenza di zinco. Non solo. Altri 122 milioni non assumeranno abbastanza proteine. E ancora 1,4 miliardi di donne e bambini che vivono in Paesi con aumentata incidenza di anemia, rischiano di perdere un ulteriore 4% del loro apporto di ferro alimentare.

Aumenta la Co2, scatta l’allarme malnutrizione

Si stima che il deficit di ferro e di zinco insieme abbia causato globalmente la perdita di 63 milioni di anni di vita ogni anno. Questi problemi stanno per peggiorare significativamente” – afferma il Dott. Sam Myers, ricercatore di Harvard che ha guidato lo studio.

Myers e i suoi colleghi hanno condotto dei test basandosi su ricerche precedenti. L’obiettivo? Verificare l’impatto sulla salute delle oscillazioni nutrizionali legate alla CO2 in 225 tipi di cibo. Il tutto in 151 Paesi diversi. A quanto pare l’aumento delle concentrazioni di CO2 andrà, inevitabilmente, a impoverire tali prodotti di nutrienti essenziali.

Il team di Myers ha scoperto che le regioni del mondo con meno varietà di alimenti sono le più colpite dalla diminuzione dei nutrienti nelle loro coltivazioni di base.

Alimenti a rischio: calano i livelli di zinco, ferro e proteine

L’India, l’Africa sub-sahariana e parti dell’Asia meridionale si sono rivelate alcune delle regioni più vulnerabili. “La carenza di ferro provoca il rallentamento dello sviluppo e, quindi, l’impossibilità di raggiungere il massimo potenziale di crescita. Può avere anche un impatto sul QI e può portare a una riduzione significativa della capacità di lavoro. In questi Paesi dove il lavoro è spesso manuale, ciò può significare un impatto significativo sul reddito. Così come sulla salute”- dice Myers. La soluzione? A suo avviso deve essere trovata a livello governativo. Proprio così, dovrebbero essere i politici a preoccuparsene.

Nutro ancora delle speranze nell’affrontare questo problema, sebbene nel nostro Paese, o all’estero, ci sia così poco sostegno da parte del governo per favorire un programma di ricerca internazionale”. E ancora: “Se fossimo veramente impegnati come comunità internazionale, penso che questo problema potrebbe essere affrontato” – ha precisato lesperto.

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