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Donne guerriere in difesa della vita

Da Vandana Shiva alle donne del Kerala: la forza del gentil sesso contro i disastri ambientali

economista militante ambientalista
ilsileno.it

Vandana Shiva, fisica quantistica ed economista militante ambientalista, è considerata la teorica più nota dell’ecologia sociale. È conosciuta grazie al successo di Monocolture della mente (1995), un best-seller in tutto il mondo, e in Italia anche grazie al documentario del 2009 di Ermanno Olmi, “Terra Madre“, che mostra la raccolta del riso, nei pressi della fattoria Navdanya nella valle del Doon, dove sono custoditi i semi delle varietà locali di questo cereale, tramandati di generazione in generazione. Lei nasce non lontano da lì, in una città dell’Uttar Pradesh, nell’India del Nord-est. La famiglia è “progressista”, impegnata nella lotta gandiana per il superamento delle caste nell’India; la cultura e l’attenzione per i diritti civili e sociali sono di casa.

Una donna guerriera: questa la definizione data dalla stessa Shiva, riferita al gentil sesso impegnato nella difesa del Pianeta e che è coinvolto in prima linea nelle azioni per difenderlo, a partire dal movimento delle donne Chipko.

“Chipko” in Hindi significa “aggrapparsi”, ad indicare la principale tecnica delle donne che protestano contro la distruzione della natura: abbracciare gli alberi destinati ad essere tagliati, e rifiutare di muoversi. La partecipazione delle donne al movimento può essere rintracciata in una remota cittadina collinare dove, nel 1973, ad un imprenditore era stata data l’autorizzazione statale ad abbattere 3000 alberi per una fabbrica di articoli sportivi. La zona era stata già pericolosamente spogliata. Nel momento in cui era previsto che arrivassero i taglialegna, gli uomini furono attirati fuori dal villaggio con una scusa, lasciando le donne a casa a sbrigare le incombenze domestiche. Appena apparvero i taglialegna, risuonò un allarme e la donna a capo del villaggio, una vedova cinquantenne, radunò ventisette donne e insieme corsero nella foresta. Le donne supplicarono i taglialegna, chiamando la foresta la loro “casa materna”, e spiegando le conseguenze del taglio degli alberi. I taglialegna, tra le grida e con violenza, minacciarono le donne con le armi, le quali a loro volta minacciarono di abbracciare gli alberi contrassegnati e di morire con essi. La protesta ebbe i suoi esiti positivi.

La deforestazione e il taglio degli alberi per l’approvvigionamento di legname stavano provocando dei veri e propri disastri naturali, come frane, smottamenti e inondazioni. Fiumi e fonti stavano scomparendo, costringendo le donne a camminare più a lungo per andare alla ricerca di acqua.

Per proteggere gli alberi le donne Chipko si sono ispirate agli insegnamenti di Gandhi basati sulla non-violenza, o satyagraha, come forma di resistenza pacifica. Tra il 1970 e il 1980 il Movimento Chipko si è rafforzato. Nel 1980 le donne indiane hanno ottenuto una delle vittorie più importanti: il divieto di abbattere gli alberi delle foreste dell’Himalaya per 15 anni. Allora Indira Gandhi era Primo Ministro dell’India, ma oggi quelle foreste, grazie all’impegno delle donne Chipko, che ha portato a significative azioni politiche per la tutela dell’ambiente, sono ancora protette.

Ancora ecowarriors protagoniste stavolta di uno dei disastri ambientali e sociali più tristemente noti dell’India. Nel 1984 presso lo stablimento per la produzione di pesticidi Bhopal, della Union Carbide, una fuga di sostanze tossiche provocò la morte immediata di almeno 3000 persone. A causa dell’incidente, migliaia di bambini sono nati con disabilità. Le sopravvissute al disastro, che in gran parte dei casi avevano perso figli o mariti, diedero vita a un movimento di lotta pacifica per la giustizia.

Così come le donne Chipko, anche le abitanti del Kerala si sono battute in difesa dell’ambiente. Era il 2002 quando la multinazionale Coca Cola fu bloccata in un progetto che richiedeva l’utilizzo di acqua potabile dello Stato indiano, un bene primario per la popolazione. Nel 2004 Coca Cola fu costretta a rinunciare al progetto.

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