Non lo diresti mai che lo stile Rohrwacher, estetica androgina, incarnato pallido, voce sempre bassa quasi tremula, sia diventato una maniera di vivere il glamour decisamente di successo. Eppure è così, e questa edizione veneziana è l’affermazione di un talento tutto particolare che sta spopolando all’interno della cinematografia nostrana e che è sempre maggiormente presente all’interno della kermesse settembrina.
L’attrice fiorentina, nata nel 1979 nel capoluogo toscano è quest’anno a Venezia con tre lavori molto diversi tra loro, dopo il trionfo l’anno scorso della Coppa Volpi per il film Hungry Hearts.
Alba è in Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio, presentato l’8 settembre al Lido, in Viva la sposa di Ascanio Celestini e De Djess, short film targato dalla sorella Alice e prodotto da Miu Miu per Women’s Tales. Dal dramma alla commedia, passando per la videoarte, è curiosa la capacità dell’artista di cambiare pelle, e lavorare sulla propria fisicità annientandola o modellandola a seconda delle esigenze di copione.
Soprattutto in un panorama dove la bellezza fisica al femminile è ancora il biglietto da visita schiacciante per molte attrici, e spesso l’unica possibilità di partecipare al mercato, l’abnegazione corporale della Rohrwacher è quanto di più internazionale e sperimentale conosca la nostra cinematografia.
Un lavoro che nel 2015 è stato sottolineato dall’attrice in Vergine giurata di Laura Bisfuri, dove interpreta una donna albanese che rinuncia alla propria femminilità pur di evitare l’emarginazione sociale, e anche da questo ultimo De Djess, dove aldilà della cornice patinata, racconta ancora una volta una storia importante di identità personale e scoperta del corpo a partire dalla focalizzazione principale su un abito di cristalli. Un bel traguardo per un’attrice alla quale non importa proprio nulla di diventare brutta.