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Manolo (part II)

“Se Dio avesse voluto farci camminare su scarpe basse non avrebbe creato Manolo Blahnik”.Parola di Alexandra Shulman, direttore di Vogue…

Disegno di scarpa con tacco di Manolo Blanhik
© Manolo Blahnik

Gli studi in legge a Ginevra mal si adattavano al giovane Blanhik di padre cecoslovacco e madre spagnola, che preferì trasferirsi a Parigi per studiare arte e lavorare in una boutique di abiti vintage. Il sogno della moda prendeva forma anche se per arrivare alla creazione celeberrime Manolo ci voleva lo zampino di Diana Vreeland, lallora editore di Vogue Usa che nel 1965 vedendo i bozzetti di abiti dellallora 23enne Manolo gli suggerì profetica: Perché non provi a fare delle scarpe? Era nato un mito destinato a diventare il feticcio tra i feticci. Il più vertiginoso degli accessori. Tanto che Alexandra Shulman, direttore di Vogue ha detto: Se Dio avesse voluto farci camminare su scarpe basse non avrebbe creato Manolo Blahnik.

Così Blahnik inziò a disegnare, nellordine, scarpe per il negozio londinese Zapata (che poi acquisterà nel 1972) per lamica stilista Ossie Clark, per Calvin Klein e per la prima sfilata Couture di John Galliano per Christian Dior. E nel 1974 posò con Angelica Houston diventando il primo uomo mai immortalato sulla copertina di Vogue Gran Bretagna.

Il segreto di tanto successo nonostante un presso da capogiro che si aggira intorno ai 400 dollari al paio? (Ecco perché Carrie Bradshow ci teneva tanto a non farsele rubare).
Le idee innovative, come il modello Ossie che ricorda un ciliegio in fiore o lironia del modello Self Portait (autoritratto) e lispirazione tipica di chi ha studiato arte con passione in tutte le sue forme e si vede Ispirazioni arrivano dalle foto di Irving Penn, dai film di Luchino Visconti e dai ritratti di Francisco Zurbaràn. Stesse ispirazioni artistiche per il nido di Manolo, la sua casa di Bath dove passa tutto il tempo che può quando non è in giro per il mondo. Una dimora in pietra di fine 700 con mobili depoca e allo stesso tempo suppellettili di gusto etnico recuperate in giro per il mondo. Unisola felice in cui non solo lo stilista disegna le sue collezioni ambite e sognate nello studio vittoriano con tappezzeria dipinta a mano gialla e blu, ma anche dove trova nuovi stimoli e dove scarica lo stress lavando i piatti a mano, dipingendo le pareti o occupandosi del giardino ricoperto dedera.
In fondo anche i creatori di sogni sono come noi.