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Shirin Ebadi sostiene il Nobel al web

L’attivista iraniana già premio Nobel per la pace nel 2003, sottoscrive la campagna per candidare il web al Premio Nobel nel 2010

Shirin Ebadi
Foto LaPresse

“Io nomino Internet al Nobel per la pace”. Con queste parole Shirin Ebadi aderisce alla campagna lanciata a novembre dal magazine Wired candidando il web al Premio Nobel per la pace nel 2010. La campagna “Internet for peace” ha trovato già testimonial d’eccezione: lo scienziato Umberto Veronesi, lo stilista Giorgio Armani (che ha definito quello di Wired “uno di quei colpi d’ingegno che all’improvviso aprono strade diverse”) e, appunto, Shirin Ebadi.

Shirin è un’avvocatessa iraniana, attivista per i diritti umani, nel 2003 premio Nobel per la Pace, a testimonianza del suo impegno nell’utilizzare i codici e la legge per scalfire il potere ottuso del regime dei mullah che stringono in una morsa la società iraniana. Una società che sfida gli stereotipi, aperta, dinamica, fatta di tanti giovani che da un lato rifiutano l’idea di una modernizzazione che passi obbligatoriamente per un’occidentalizzazione e dall’altro sfruttano tutti i mezzi della contemporaneità per realizzare il loro sogno di democrazia.

Shirin Ebadi da tempo si è fatta promotrice proprio di questa società, difendendo i tanti dissidenti imprigionati dal regime, chiedendo giustizia per le torture e le sparizioni, impugnando con caparbietà la legge per affermare anche per il suo popolo il diritto a vivere in pace e in democrazia. Quest’impegno le ha causato numerosi problemi con le autorità iraniane che qualche settimana le hanno sequestrato la medaglia del Nobel. Non appartiene a nessun partito politico, non le interessa chi sia a governare il suo paese. Quello che non accetta è la violenza perpetrata ai danni della gente inerme, che manifesta pacificamente per i suoi diritti.

Ricordiamo tutti l’ “onda verde” dell’estate 2009, quando in seguito alla rielezione alla presidenza di Ahmadinejad centinaia di migliaia di persone, in gran parte giovani, si sono riversate nelle strade di Teheran per manifestare il loro dissenso. Armati di telefonini, hanno inondato il mondo di immagini e “twit” documentando le manifestazioni e la crudele repressione del regime, che ha fatto numerose vittime tra la folla (una tra tutte, la giovane, bellissima Neda Soltani).

Un passaparola potentissimo che, dice Shirin, “senza la rete non sarebbe stato possibile”. E questo lo testimonia il fatto che sul banco degli imputati nel processo intentato dai giudici del regime contro i dimostranti ci siano finiti anche Google, Facebook e Twitter. Shirin Ebadi, che si infervora quando racconta del suo paese, di come è e di come vorrebbe che fossero, testimonia con la sua azione che la pace è un vero e proprio lavoro, che necessita disciplina e dedizione, anche quando i risultati di quest’impegno sembrano troppo lontani. Ma Shirin è convinta: “Il popolo – afferma – raggiunge sempre quello che vuole”.