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Gli angeli di Marrakesh, grinta su due ruote 

Le Kesh Angels del Marocco possibile negli scatti del fotografo nordafricano Hassan Hajjaj

Kesh Angels - Hassan Hajjaj
Kesh Angels - Hassan Hajjaj - Taymour Grahne Gallery
Donne e motori, un accostamento capace di generare stereotipi negativi o forti simboli di indipendenza, specialmente nei paesi dove la parte femminile della popolazione sta lentamente lottando per vedersi riconosciuta la propria autonomia. Dopo le immagini delle donne saudite alla guida delle quattro ruote, un altro linguaggio artistico abbraccia l’auspicata rivoluzione al femminile. Per Hassan Hajjaj, artista nordafricano, la moto è il mezzo scelto per interagire con le Kesh Angels, donne marocchine ritratte fuori dai canoni estetici tradizionali nella prima mostra personale dell’autore negli spazi della Taymour Grahne Gallery di New York. 
 
Le biker di Marrakesh cavalcano bolidi possenti, indossano bandane targate Nike, guardano dritto verso l’obbiettivo in pose provocatorie e decise, e soprattutto sono alla ricerca di un’immagine nuova tra il Marocco di ieri e il melting pot frutto della globalizzazione di oggi. Il fotografo, nato in Africa e cresciuto a Londra, stravolge l’immaginario tradizionale con i codici estetici della street photography, della pubblicità, della moda, e prova a suggerire con tono volutamente esagerato la negoziazione di una nuova identità marocchina e di un diverso linguaggio nato per rappresentarla con onestà e ironia.
 
Sono scatti di colore, lampi pop, nei quali la tensione visiva nasce dall’accostamento di canoni esteriori tipicamente occidentali e iconici della mascolinità derivante dalla cultura biker, con quelli più tradizionalmente africani. Gellaba ma con fantasie irriverenti, posture liquide e battagliere, tonalità fluo e prodotti tradizionali locali reinventati secondo il linguaggio accattivante del marketing mainstream. Si intravede, tra le pieghe tessili di un dialogo culturale che continuamente seleziona gli aspetti da portare con sé in un futuro prossimo del paese e ne abbandona altri più obsoleti, il percorso di crescita personale di Hajjaj, originario del paese nordafricano.

Secondo la biografia dell’autore, è nella capitale inglese, crocevia di culture diverse, ma anche incubatore di cambiamento dai ritmi vorticosi, che il fotografo frequenta e incontra la sottocultura dei club e la vibrazione della musica reggae e hip-hop. Il clubbing è il processo che riesce a accelerare l’abbandono di alcune regole della quotidianità e l’incontro tra persone di culture diverse. Nella sospensione degli schemi ordinari, complice il costume della notte e i codici liberatori della danza, abitudini opposte si incontrano con meno pregiudizi per ridiscutere le proprie tradizioni. Nasce così in un carnevale colorato che dà vita a nuovi modi di sintetizzare passato e presente, femminilità e mascolinità, preconcetti e imparzialità. Proprio ciò che Hajjaj augura di trovare alle proprie Kesh Angels per le strade della città marocchina. 

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