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La Città Eterna secondo Ilaria Beltramme

Due chiacchere con Ilaria Beltramme, caso letterario che ha appena sfornato un nuovo romanzo, e scrittrice innamorata della sua Roma

Scrittrice
Emiliano Cavicchi

Per chi non la conoscesse, vogliamo presentarvi Ilaria Beltramme, un nome che spicca tra le proposte attuali della letteratura italiana, autrice che, ad oggi, ha incentrato la sua produzione sulla Città Eterna, Roma, i cui tratti si delineano nei suoi libri grazie a punti di vista peculiari e profondi.

E’ facile parlare ‘bene’ o ‘male’ di Roma, ed entrambi i punti di vista vengono spesso estremizzati con banalità. Bellissima dal punto di vista storico, architettonico, artistico. Insopportabile per l’inefficienza, la speculazione, il caos. Eppure ad uno sguardo approfondito emerge una tale complessità di intrecci, di storie, di personaggi, di tradizioni che si potrebbe non finire mai di scavare nel suo passato e indagare nel suo presente, in un percorso che con ogni probabilità porterà ad innamorarsi dell’Urbe. E’ proprio un amore sconfinato quello che Ilaria Beltramme nutre per Roma, la sua città natale, e sulla quale l’autrice ha pubblicato diversi libri sia sotto forma di guida che di romanzo storico. Un amore raccontato in ‘101 Cose da fare a Roma almeno una volta nella vita’, ‘101 perché sulla storia di Roma che non puoi non sapere’, ‘Roma in un solo weekend’ (tutte edizioni Newton Compton), guide alla città che hanno il sapore di chi la conosce intimamente e vuole rivelarne aspetti poco noti, in un cammino dal quale è difficile non rimanere sedotti.

Ma l’autrice non si ferma qui: Ilaria Beltramme diventa un vero caso letterario quando si cimenta nel suo primo romanzo storico ‘La società segreta degli eretici’ (Newton Compton), in cui esplora le vere ragioni che portarono alla condanna di Giordano Bruno, in un intreccio narrativo fatto di indagini, misteri, segreti, inquisizione e avventure. Da poco è stato pubblicato dalla stessa casa editrice il nuovo romanzo ‘Il papa guerriero’, un ritratto di Giulio II, il papa condottiero che, tra intrighi di palazzo e rivalità di potere, prende in mano le redini dello Stato Pontificio per scongiurare le minacce che gravano sulla Chiesa.

In che modo è avvenuto il passaggio dalle guide della città ai romanzi storici?
È stato abbastanza naturale, proprio perché le guide avevano già una specie di forma narrativa. La seconda che ho scritto, 101 perché sulla storia di Roma che non puoi non sapere, in particolare mi ha aiutato moltissimo. L’obiettivo era quello di tentare di raccontare la storia della Città Eterna in 101 momenti, anche minori, dei suoi tremila anni di vita. Fare ricerche e dare a quei 101 capitoli un tratto che fosse leggero e al tempo stesso rigoroso mi ha fatto da palestra e mi ha fatto venire voglia di spingermi un po’ più in là. L’editore, dal canto suo, è stato da subito disponibile a farmi misurare con la narrativa e da qui è nato – in forma del tutto sperimentale – Roma in un solo weekend, che era una via di mezzo: a metà fra guida e romanzo. E qualche anno più tardi è arrivata La società segreta degli eretici, la prima vera prova “letteraria” tout court. Roma rimane comunque il filo rosso di tutti i titoli fino a ora pubblicati.

Come ti sei documentata sulla storia de Il papa guerriero e per la La società segreta degli eretici?
In biblioteca ho trascorso ore felicissime, immersa nella lettura di splendidi tomi. Di solito comincio alla Biblioteca Nazionale che ha una bella collezione dedicata a Roma. Per entrambi sono partita da ‘La Storia dei Papi’ di Ludwig von Pastor. È un’opera immensa, pubblicata fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ma è fondamentale per accostarsi ai pontefici del passato. Tra l’altro ha una sezione di note molto documentata, con materiale poco conosciuto, spesso contemporaneo al papa di cui si parla nel volume. Questo è il primo approccio. Poi, di solito, comincio a pensare alla storia e a cercare saggi critici e ricerche accademiche che mi aiutino a inquadrare il periodo, la città nelle sue mille trasformazioni urbanistiche, la popolazione con i suoi usi, la moda, l’alimentazione. Insomma, lavoro come se stessi girando un film e cerco di mantenermi concentrata sulla veridicità storica di quello che racconto, delle situazioni e degli spazi che descrivo. Il contesto – le “scenografie”, i costumi, la luce – è fondamentale per far percepire al lettore (e a me per prima) l’essenza dell’epoca protagonista del singolo libro. Per esempio, per La Società segreta degli eretici ho divorato quasi tutti i saggi su Giordano Bruno scritti dalla storica inglese Frances Yates. Per Il papa guerriero, invece, che parla di cortigiane e di donne in generale, oltre che di Giulio II, ho fatto ricerche specifiche sulla vita quotidiana nella Roma del Rinascimento e poi mi sono soffermata sulla biografia della figlia del papa, Felice Della Rovere, una delle protagoniste.

In tempi di ‘La Grande Bellezza’ la domanda sorge un po’ scontata ma spontanea: indicaci due o tre angoli della città di particolare fascino secondo te.
Il fiume è una specie di “padre” per me. Lo frequentavo da piccola per ragioni sportive e adesso ci vado a passeggiare. Il mio rifugio è da sempre Ponte Rotto. Vado ad ammirare la sua bellezza ammaccata dall’Isola Tiberina appena posso. Ma potrei suggerire anche il Roseto comunale all’Aventino (tra l’altro dovrebbe già essere aperto), perché riesce a mantenere un fascino intimo anche se affaccia sulle rovine del Palatino che stanno lì davanti. Al tramonto il profumo delle rose diventa molto intenso, i ruderi si accendono con la luce del sole che cala. È Roma all’ennesima potenza. E poi c’è il Cimitero Acattolico sotto la Piramide Cestia. Un angolo magico della città. So che può sembrare un po’ macabro, ma ti assicuro che leggere un libro nella parte antica del cimitero, sulle panchine, o sul prato, fra le lapidi che spuntano qua là nell’erba, è un’esperienza meravigliosa. E poi lì ci sono seppelliti dei grandi della storia, c’è il cuore di Percy Shelley, la tomba di John Keats, c’è il grande poeta Gregory Corso, c’è Antonio Gramsci. E ci sono i gatti della colonia felina della Piramide. Si sta in ottima compagnia…

Non pensi che ‘l’eternità’ della capitale le impedisca di evolvere? E’ possibile che il passato, che le ha dato così tanto, ora la faccia ‘sedere sugli allori’ anziché pensare a migliorarsi per il futuro?
Penso che bisognerebbe definire il concetto di eternità. L’eternità di Roma, nella sua storia, ha sempre restituito un’idea di immortalità. L’eternità di cui sembra malata la mia città da vari decenni è invece quasi sinonimo di immobilismo. Ma è l’immortalità che mi interessa e credo interessi tutti i romani e non solo. E questa è piuttosto un perenne movimento di idee, persone, progetti come mi sembra naturale per la capitale, almeno da tremila anni a questa parte. Roma, d’altro canto, è stata la prima metropoli del mondo. Lo era già nel I secolo a. C.; Roma non è fatta per essere un fossile, ma per cambiare continuamente e così perpetuare il suo “sogno”. La Roma dell’epoca moderna era un centro culturale di livello europeo; le sue molte trasformazioni urbanistiche sono state, paradossalmente, il motore che ha riportato in vita la città antica; un artista degno di questo nome non si poteva dire tale se non aveva lavorato a Roma. Questo sì che perpetua l’eternità. Trasformare di nuovo la capitale nel cuore pulsante di una cultura internazionale, vitale, giovane, sarebbe altrettanto benefico oggi quanto lo è stato ieri. Ma è uno sforzo titanico di per sé. Diventa ancora più complicato, poi, se su “Roma-luogo di potere”, immobile e decaduta, si sono saldati interessi e appetiti enormi. Che però vanno sradicati senza pietà, come fece Cederna quando “liberò” l’Appia antica (mi si passi la banalizzazione).

Cosa leggi e cosa stai leggendo in questo momento?
In questo momento mi “becchi” in vacanza… Nel senso che ho un po’ di tempo libero (si fa per dire!) prima di ricominciare a scrivere e quindi mi sto rilassando con letture “comode”. Fra queste c’è la biografia dell’allenatore della Roma, Rudi Garcia: ‘Tutte le strade portano a Roma’. Confesso: sono una tifosa e adoro lo stile del nuovo mister giallorosso. Ho comprato il libro appena è uscito. Dello stesso tenore, anche se il soggetto è molto differente, è anche la lettura del terzo libro della saga del Trono di spade. Mi sono appassionata prima alla serie televisiva e poi ho cominciato a leggere i romanzi di Martin. E sono rimasta stregata dalla storia. Non leggo fantasy solitamente, amo i romanzi, però. Uno degli ultimi che ho letto è ‘Augustus’ di John Williams, l’autore di ‘Stoner‘, per intenderci. È la storia della presa del potere e della vita, raccontata attraverso lettere e documenti vari, dell’imperatore Ottaviano Augusto. Ed è un capolavoro. Sì, lo so, ancora Roma. Ma non posso farne a meno.