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I rom raccontati da Laura Halilovic

La prima cineasta rom (italiana) autrice di tre documentari sulla comunità, di cui uno pluripremiato

Campo rom
LaPresse

E’ nata in Italia, a Torino, nel 1989, ma non ha la cittadinanza italiana, perché discende da una famiglia di rom bosniaci. Ama molti aspetti della sua comunità, ma altrettanti le stanno stretti, ed è riuscita a trovare l’equilibrio tra la cultura del suo popolo e quella italiana attraverso il cinema: Laura Halilovic è la prima regista rom – italiana, viene da aggiungere vista la sua biografia, ma la legge non lo consente. A soli 25 anni ha già all’attivo cortometraggi e documentari tra cui uno che le è valso diversi premi.

Il tema è il mondo delle comunità rom, al quale Laura è legatissima, ma da cui si è distanziata per diverse scelte di vita: non sposarsi, lavorare, emanciparsi. Ha subito il pregiudizio e il razzismo, ha vissuto nei campi, ha sentito le madri dei suoi compagni di classe alle elementari lamentarsi per la ‘zingarella’ in classe, e ha trovato il suo modo di contrastarlo, di ribellarsi alla una visione stretta e limitata che spesso si ha verso la sua comunità. Allo stesso tempo ha fatto dei passi da gigante nell’integrazione con ltalia, dove è nata, cresciuta, ha studiato, e per questa integrazione ha compiuto scelte non condivise dalla sua famiglia, ma è riuscita un po’ alla volta a fargliele accettare. Ha realizzato un vero e proprio ponte tra due culture che condividono lo stesso territorio ma difficilmente s’incontrano, e tutto questo grazie al talento come regista e all’amore per Woody Allen.

E’ proprio guardando il film ‘Manhattan’ a soli 8 anni che Laura si è invaghita della macchina da presa, del linguaggio cinematografico, e sin da giovanissima si è interessata alla regia. Nel 2008 vince la sua prima telecamera grazie ad un cortometraggio premiato al festival Sottoidiciotto, girato grazie al prestito di una piccola Canon da parte dei registi Davide Tosco e Nicola Rondolino. E solo un anno dopo, gira il pluripremiato ‘Io, la mia famiglia rom e Woody Allen’, un delizioso affresco familiare dove con ironia e profondità racconta la quotidianità della sua famiglia, da gesti banali come preparare la pasta fatta in casa  all’eterno cruccio degli sgomberi, prodotto in collaborazione con Rai Tre.

Seguono ‘Profumo di pesche’ e ‘Io rom romantica’, presentato al Giffoni festival, che ha questa volta come epicentro un matrimonio rom, e una protagonista che, come lei, non ha assolutamente voglia di sposarsi poco più che adolescente. E’ questo il punto di forza di Laura: raccontare il bello della sua gente, abbattere gli stereotipi e i pregiudizi, sottolineando le diversità, e senza tacere quelle che anche secondo lei sono aspetti negativi, dai quali occorre evolversi ed emanciparsi. Racconta in un’intervista a IoDonna: “All’inizio mi vergognavo delle mie origini, dopo il documentario ho deciso di fregarmene e, anzi, di andarne fiera. È difficile spiegare la nostra cultura, bisogna viverla. Però non starò certo qui a difenderla in blocco: la storia del matrimonio, per esempio. Sposarsi a 15 anni è una tradizione stupida – spero che il film serva a farlo capire – e assurda: puoi scegliere solo uno della tua gente, però, se dopo divorzi, puoi legarti a chiunque”.

Raccontare una comunità significa proprio questo: sottolinearne i pregi senza nascondere i limiti, mentre molto spesso quando si parla di rom ci si sofferma solo sui secondi, dandoci dentro con stereotipi e generalizzazioni di ogni tipo. “Dovete distinguere: se uno sbaglia, non devono essere tanti non colpevoli a pagare. Per quanto ci riguarda, invece, dobbiamo imparare a non metterci da parte, a lasciarci conoscere”(fonte: IoDonna).