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Lorella Cuccarini: “un 2015 da Favola”

La più amata dagli italiani è al teatro Brancaccio di Roma con “Rapunzel il Musical”. Inizia così il suo anno di grandi festeggiamenti: 30 anni di carriera e 50 candeline sulla torta…

 Lorella Cuccarini
LaPresse
“Sold out” per settimane, il plauso della critica, la magia per il pubblico: la favola di Rapunzel ha conquistato (e continuerà a farlo sino al 25 gennaio al Brancaccio) Roma, e probabilmente raggiungerà le più importanti piazze italiane. A decretarne il successo è stata principalmente lei, Lorella Cuccarini, che sta facendo sognare grandi e piccoli con la sua interpretazione di Madre Goethel, la cattiva matrigna della fiaba dei Fratelli Grimm.
 
Un musical coinvolgente, che segna l’inizio di una sfida produttiva e creativa per Alessandro Longobardi, direttore artistico del Teatro Brancaccio e del regista e ideatore Maurizio Colombi. Accanto a Lorella, nel ruolo di Rapunzel, Alessandra Ferrari e, nei panni di Phil, Giulio Corso. Tutti per celebrare la fantasia, tutti per raccontare i buoni (ma nascosti) sentimenti, tutti uniti alla ricerca del sogno perduto. Ma non solo: tutti (anche) per festeggiare una delle sempreverdi “più amate dagli italiani”. Il 2015 per Lorella, infatti, sarà davvero speciale… 
 
Allora Lorella, iniziamo con Rapunzel: come procede?
“Sta andando benissimo, al di là di ogni più rosea aspettativa. Il teatro è sempre pieno, tutti i giorni, con un pubblico eterogeneo, dai bimbi più piccoli ai nonni. Perché anche i genitori, trascinati dai propri figli, entrano nel gioco del racconto e tornano un po’ bambini. Il ringraziamento più bello, che sento a fine spettacolo, è proprio questo: un “grazie” per essersi sentiti parte di questo clima di favola e magia. In un momento come quello che stiamo vivendo, credo sia estremamente salutare: due ore di vero benessere. E a dirlo non sono io”. 
 
Come ti sei trovata nel ruolo di cattiva?
“Quando nel luglio dell’anno scorso Maurizio Colombi mi ha proposto questo ruolo ero fortemente in dubbio, non sapevo se sarei stata capace. Tutti i miei precedenti personaggi teatrali sono romantici, sognatori, delicati. E questo è un ruolo che ha tutto un altro sapore. Maurizio mi ha però incoraggiata dicendo che avevo la maturità giusta per affrontarlo. Innanzitutto è un cattivo delle favole: c’è la malvagità, ma anche l’ironia, la sensualità, il senso del grottesco, diventando al contempo umano e buffo. Lasciando un ricordo nello spettatore quasi di tenerezza, come se non si potessero accettare i comportamenti ma li si comprendessero”.
 
Qual era la tua favola preferita, da bambina?
“Sicuramente Cenerentola. L’idea di questa ragazza sfruttata, che poi viene aiutata da questa fata, dalla natura, che trova il Principe Azzurro… Credo che sia per le bambine la favola per eccellenza. Invece ho sempre avuto paura di Biancaneve: il cacciatore, la matrigna, mi hanno sempre trasmesso paura. Cenerentola, invece, mi faceva sognare”.
 
Quest’anno si festeggiano i tuoi 50 anni di vita e i 30 di carriera: due cifre tonde importanti. Come le festeggerai?
“I miei 30 anni di carriera li ho iniziati alla grande, in teatro, con il pubblico. Non potrei iniziare il 2015 in maniera migliore. Lo spettacolo molto probabilmente diventerà una tournée che approderà nelle principali piazze italiane. I miei 50 anni (ndr, è nata il 10 agosto 1965) ovviamente in famiglia, come ho festeggiato anche i miei 49, i miei 48, i miei 47… (ndr, ride)”.
 
Anche tu hai vissuto il tuo sogno, come in una favola: cosa ricordi dei tuoi esordi televisivi?
“Era come vivere Alice nel Paese delle Meraviglie: io ero una ballerina di fila, ed entrare in un cast come quello di Fantastico è stata un’esperienza incredibile, con un conduttore del calibro di Pippo Baudo. Era un sogno che si realizzava. Sono entrata con grande umiltà, pensando che sarebbe stata una grande esperienza di vita, pensando  che sarebbe finita lì. Ma con la riconferma per il Fantastico del 1987 ho notato che qualcosa stava cambiando nella mia vita”.
 
Cosa ti manca della televisione di quegli anni?
“Mi manca l’artigianalità, l’attenzione e la cura per i dettagli, i balletti e i grandi numeri musicali, costruiti con grande maestria. Per il pubblico c’era una grande forma di rispetto; cosa che oggi non c’è più, per tutta una serie di ragioni. Quello lo porto ancora con me: il senso di rispetto. Impegnarsi per preparare uno spettacolo “più che dignitoso” credo che sia nella missione di ognuno di noi. Oggi, a causa dei tempi ristrettissimi, mi manca la possibilità di dedicare tempo a uno spettacolo e realizzarlo come l’ho in mente io”.
A proposito di mancanze e sogni, il cinema non ti affascina? 
“In Italia un personaggio che nasce dalla conduzione riceve proposte solo per la conduzione. Sicuramente mi sarebbe piaciuto, io adoro il cinema, specialmente la commedia americana. Mi sarebbe piaciuto fare film come questi. Quando mi proposi a Sanremo, tutti pensarono che una ballerina non potesse fare musica. E quando iniziai col teatro idem con patate (ndr, ride). Perché noi italiani non abbiamo una mentalità americana: io sono cresciuta con grandi miti come Liza Minelli e Shirley McQueen. E ho sempre studiato per fare quello. Per carità, senza fare paragoni sfrontati (ndr, ride)”.

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