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Richard Avedon, oltre la bellezza per raccontare l’umanità

A Roma una grande retrospettiva sul fotografo che fu tra i primi a contaminare il linguaggio visivo di cultura pop

Audrey Hepburn and Art Buchwald with Simone DAillencourt Frederick Eberstadt Barbara
Richard Avedon Foundation
Andy Warhol ci guarda dall’alto di un’espressione ironica e malinconica. Janis Joplin sorride, buffa e sorniona, ammiccando a una presenza invisibile che l’osservatore non conosce. E Bob Dylan in un trench nero, percorre con originalità un boulevard piovoso di Parigi. Nelle immagini di Richard Avedon, fotografo americano scomparso nel 2004, c’è dentro quasi mezzo secolo di storia e soprattutto tanta umanità. Comincia da ciò, ovvero dalla presa di coscienza dell’enorme corpus di opere e emozioni di cui si compone il lavoro di Avedon, la necessità della Gagosian Gallery di Roma di dedicare un’ampia retrospettiva al lavoro del genio visivo.

Beyond Beauty” dal 27 febbraio all’11 aprile 2015, ricostruisce la visione del mondo del fotografo, affascinato dai ritratti e amante dei dettagli, accessori, pose e contesti, che potevano meglio definire il carattere del soggetto, rivive negli spazi romani della galleria. Perché a essere ancora presente è la forza del lavoro di Avedon. L’artista, nasce a New York nel 1923 e si dedica fin dai primi anni della sua vita alla ricerca fotografica, studiando prima presso la Young Men’s Hebrew Association (YMHA) camera club e poi dirigendo la rivista fotografica del proprio liceo. Ma la svolta dal punto di vista della carriera arriva con un lavoro a metà tra la catalogazione funzionale e l’estro.

Come giovane assistente fotografo della Marina Mercantile Americana durante la Seconda Guerra Mondiale, Avedon ebbe il compito di scattare fotografie identificative ai membri dell’Arma. É qui, nell’osservazione e nella ripetizione della geometria dei volti, che Avedon trova la propria vocazione per i ritratti umani. Una prospettiva che Avedon porterà anche all’interno del proprio lavoro per riviste di moda come Harper’s Bazaar, Vogue e The New Yorker. Eppure, nonostante il primo amore rimanga quello del ritratto in studio, la mostra decide anche di mostrare al pubblico l’Early Paris Fashion Portfolio, undici immagini commissionate da Harper’s Bazaar tra il 1947 e il 1957, scattate “en plein air” nelle strade parigine.
 

Tra i soggetti: Marlene Dietrich al Ritz mentre si accende fascinosamente una sigaretta indossando un turbante di Dior e una giunonica Dorian Leigh che si specchia nel camerino di Helena Rubenstein. Perché chi come Avedon, ha la poesia dentro, può fare in modo di esportarla persino fuori dagli ambienti consueti. E creare così una magia immortale e affascinante.