Pubblicato il

We World Index 2015. I paesi migliori per essere donne

Nel rapporto annuale, l’Italia si piazza mediamente bene, ma solo grazie a politiche sociali ed economiche ormai datate

 Donne che sorridono
istockphoto.com
Quanto è difficile essere donne nel mondo e dover considerare il riconoscimento dei propri diritti fondamentali, siano essi economici o sociali, una conquista piuttosto che un punto di partenza assodato per cittadinanza, sesso e genere? A questa domanda cerca di rispondere con precisione statistica e sguardo multifattoriale, il We World Index 2015, il rapporto internazionale promosso dall’organizzazione no-profit WeWorld, sul livello di inclusione di bambine, bambini, adolescenti e donne nel mondo, presentato nei giorno scorsi presso la sede del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale di Roma.
 
Un lavoro necessario, che parte dall’assunto che nonostante le suddette categorie di persone rappresentino il 70% della popolazione mondiale, sono ancora oggi i soggetti sociali più a rischio di esclusione. Ma la novità del rapporto, sta soprattutto nella capacità di considerare l’elemento femmineo come strettamente legato alle condizioni del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, in virtù dello stretto rapporto che nei primi anni di vita, lega insieme madri e figli in un destino comune. E le novità che emergono rispetto a un approccio che tiene conto di tantissimi indicatori, sono 34, analizzati per 167 paesi, fotografano una parte del globo dove le diseguaglianze di un sistema politico, economico e sociale, relegano ancora le donne e i bambini ai margini della società.

Prendendo in esame i paesi più sviluppati e considerando che non tutti sono stati inclusi nell’indice a causa della difficoltà di reperimento di dati precisi, l’Italia occupa il 18esimo posto. E’ una posizione intermedia rispetto all’apice della classifica, che è invece occupato prevalentemente da paesi europei, unica eccezione l’Australia, che dimostrano oggi di avere un buon livello di inclusione. Nonostante ciò, il buon posizionamento del Belpaese, pur collocandosi tra i primi 20 paesi al mondo women and children-friendly, deve la sua buona performance a politiche pubbliche ormai datate.

Pesano quindi positivamente riforme come l’accesso all’istruzione primaria universale, e il sistema di sanità pubblica. Al contrario, sui nuovi indicatori, che per esempio includono la spesa per l’istruzione, la corruzione, un aspetto, quest’ultimo profondamente legato alle prospettive economiche e sociali, essa scivola oltre la 50esima posizione. Drammatico invece il posizionamento per quanto riguarda i parametri relativi alla parità di genere. In occupazione femminile e violenza contro le donne, il paese scivola oltre il 100 posto. 

Infine, a livello macro, la situazione dell’inclusione sociale femminile e infantile, è tutt’altro che rosea. Sempre secondo il rapporto, sono 102 su 167, i paesi che non raggiungono nemmeno la soglia della sufficienza per quanto riguarda il livello minimo di inclusione sociale. E l’indice mostra con chiarezza che c’è ancora molto lavoro da fare. 

 
Stile.it sceglie e raccomanda in maniera indipendente prodotti e servizi che si possono acquistare online. Ogni volta che viene fatto un acquisto attraverso uno dei link presenti nel testo, Stile.it riceve una commissione senza alcuna variazione del prezzo finale.
Categorie People