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Le donne nel tennis, un successo senza quote rosa

Le difficoltà di uno sport considerato esclusiva per maschi abbattute dal talento e della determinazione delle tenniste italiane

Donne nel tennis
LaPresse

L’ultima vittoria in salsa Pennetta agli US Open, è, per ordine cronologico e estensione della propria mole, ancora impressa nella testa dei fan. Insieme a essa, brillano i nomi del tennis contemporaneo, che ottengono dei risultati ottimi o a volte assolutamente sorprendenti. E questo non solo di conseguenza al valore sportivo dimostrato. Infatti, dalla vittoria a New York, passando per lo storico trionfo a Wimbledon della coppia Vinci-Errani, il tennis femminile sembra rispondere a un vuoto professionale lasciato da molti anni all’interno di quello maschile.

Eppure, il titolo di vincitrice del torneo U.S Open espugnato dalla giocatrice pugliese, che ha ufficialmente mostrato al mondo i trionfi del tennis femminile, è un primato che è dovuto passare attraverso una serie di sconfitte e lotte prima di garantirsi uno spazio necessario a esprimere talento e intelligenza sportiva. Le donne nel tennis, non sono di certo nate come soggetti privilegiati della disciplina con la racchetta e ogni gesto che oggi le acclama, è il frutto di un percorso conquistato a fatica nella lunga lotta all’uguaglianza.

Volendo fare un po’ di storia infatti, i successi femminili in campo sportivo fanno notizia, fin dagli esordi, perché si svolgono in un settore dominato dagli uomini e dove la formazione in rosa praticamente non esiste. Le tenniste giocano da autodidatte, portano la femminilità in campo e rivendicano un diritto all’esistenza che non si costruisce solamente sulla falsariga del tennis maschile.

Dal 1902, anno nel quale venne per la prima volta giocato un campionato cittadino in rosa, la scalata è lunga. Solo nel 1913 si svolgono i primi campionati nazionali, e a trionfare è spesso la difficoltà delle donne nel costringersi in abiti sportivi fortemente limitanti dei movimenti in campo. Nonostante ciò, non si danno per vinte. I loro colleghi maschi giocano i grandi tornei internazionali, mentre a loro è concesso di brillare solo sul territorio nazionale. Sono gli anni nei quali si distinguono personalità del calibro di Rosetta Gagliardi e Giulia Perelli. Con Lucia Valerio invece, si aprono le porte dei circuiti non solo nazionali e così la campionessa arriva alle soglie delle prime dieci giocatrici del mondo.

Negli anni ’60 Lea Pericoli e Silvana Lazzarino giocano in doppio e incantano il pubblico. La prima delle due è infatti fortemente decisa a rivoluzionare l’immagine delle donne nel tennis attraverso mise da campo studiate e femminili. E’ l’esordio ante litteram della sport-couture, ma soprattutto la dimostrazione che la parità di genere in campo è più che un diritto. Dopo verranno Raffaella Reggi e Sandra Cecchini, siamo a fine anni ’80, e prima del grande boom degli anni 2000, periodo nel quale sia Flavia Pennetta, numero 7 del ranking mondiale, sia Roberta Vinci, numero 19 dopo la finale disputata a New York, entrano nel girone professionistico.

Oggi le tenniste italiane hanno rilievo internazionale, prestigio e tantissima grinta, e sia Errani, sia Vinci, sia Pennetta, occupano una posizione all’interno delle prime 25 posizioni del ranking internazionale. Dopo di loro giovani talenti come la Knapp e la Giorgi, quest’ultima al numero 35 della classifica. Peggio per il settore maschile, dove bisogna scendere al numero 25 per incontrare il primo tennista tricolore, Andrea Seppi. Insomma, rimossi gli ostacoli sociali e economici per le donne in campo sportivo, è vero trionfo per le nostre campionesse, che si sono prese le proprie quote rosa senza imposizioni dall’alto. 

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