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La prima impressione è quella giusta?

Secondo una ricerca dell’ Harvard Business School sì. I risultati dello studio

Stretta di mano
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Riguardo all’opinione sulle persone, la frase “Dovevo fidarmi del mio istinto” equivale a “La prima impressione è quella che conta”. Ci hanno insegnato a conoscere le persone prima di giudicarle, ma la realtà è che quella forte sensazione che domina il nostro giudizio iniziale è quasi sempre veritiera. È la scienza a dirlo, o meglio l’Harvard Business School che ha condotto una ricerca per venire a capo dei comportamenti legati al cosiddetto thin-slicing, o giudizio intuitivo.

 
La psicologa sociale Amy Cuddy ha condotto un’indagine su diversi campioni sociali e culturali allo scopo di capire quali meccanismi indirizzano le persone nella classificazione degli individui. Quando si incontra qualcuno per la prima volta, la tendenza è quella di porsi immediatamente due domande fondamentali: posso fidarmi di questa persona? Questa persona merita il mio rispetto? La nostra valutazione iniziale dipende quindi da due dimensioni ben precise: “warmth” (cioè il grado di affidabilità, il “calore” che l’individuo ci trasmette) e “competence” (la competenza, il suo livello di “efficienza”). Per fare un’ottima impressione, dunque, bisognerebbe possedere entrambe queste caratteristiche.
 
L’idea dominante, specie in ambito professionale, è che la competenza sia il fattore più importante da tenere in considerazione e quello decisivo per soddisfare le aspettative altrui. In realtà, non è esattamente così. Una persona evidentemente dotata di un ottimo livello di competenza ma che tiene un atteggiamento freddo e distaccato non riscuote apprezzamento e, anzi, rischia di risultare inaffidabile. Le ragioni di questo fenomeno sono da ricercare addirittura nella Preistoria: per gli uomini delle caverne l’esigenza primaria era quella di distinguere i nemici, motivo per il quale la capacità altrui di procurare il cibo risultava secondaria di fronte al pericolo di trovarsi di fronte un potenziale assassino. L’empatia era, ed è, una qualità più importante rispetto all’abilità.

 
Il paradosso è che nel valutare noi stessi tendiamo a privilegiare l’aspetto della competenza, tentando di trasmetterlo agli altri; al contrario, nelle persone che incontriamo, cerchiamo in primo luogo calore e affidabilità. Questo meccanismo distorto è all’origine del fallimento di molte “prime impressioni”: conoscerlo può aiutare a evitarne gli effetti sulla nostra vita e sulla nostra carriera.