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L’architettura degli aeroporti scomodi

Molti aeroporti sembrano progettati per tutto tranne che per il comfort dei viaggiatori

Scalo aeroportuale
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Gli aeroporti degli scali internazionali più grandi del mondo sono spesso delle gigantesche opere d’architettura, non solo imponenti ma grandiose, maestose; per uno studio di architettura progettare un aeroporto oggi è un incarico assolutamente prestigioso. Eppure, nonostante lo stupore che si prova di fronte ad un opera tanto ragguardevole, appena si comincia ad avere a che fare con il classico iter da partenza o scalo, ci si rende conto di una cosa: non sono fatti a misura di viaggiatore. Gli aeroporti scomodi sono il must dell’epoca contemporanea, e non si capisce il perché, afferma Chris Holbrook del New York Times
 
Un’osservazione che ha scaturito centinaia a centinaia di commenti al lungo articolo sugli aeroporti scomodi, per nulla pensati dal punto di vista del comfort e dell’accoglienza: e se una riflessione così semplice solleva una discussione tale, significa che ha colpito nel segno, e che sono in molti ad avere un’opinione in merito. Il giornalista si allaccia ad una considerazione fatta da Brian Eno, il pioniere della musica elettronica e sperimentale, che ne 1977 si trovava all’aeroporto di Colonia quando si rese conto che all’edificio così bello, le luci così curate, mancava un elemento che avrebbe reso la sua attesa molto più gradevole: la musica. Fu così che compose il suo ‘Music for Airports’, uno degli album precursori della musica ambient, che effettivamente fu utilizzato al terminale newyorkese di La Guardia per un breve periodo. 
 
Oggigiorno non è solo questione di musica – fra l’altro negli anni ’70 e ’80 gli aeroporti erano luoghi assai diversi, con meno limitazioni legate alla sicurezza – ma gli aeroporti scomodi continuano a proliferare dando la precedenza ad una sorta di magnificenza estetica piuttosto che al comfort dei passeggeri, soprattutto verso coloro che devono affrontare lunghi scali. Parliamo di sala d’attesa con poltroncine minimali e rigorosamente con i braccioli, in modo che nessuno osi accasciarvisi in una posizione vagamente comoda, di terminal lontanissimi, gate irraggiungibili e spesso annunciati solo all’ultimo minuto, con doverosa maratona per giungere in tempo all’imbarco; di luci abbaglianti, di volumi degli altoparlanti o altissimi o impossibili da udire, di catene di negozi che si ripetono all’infinito.

Non sono solo luoghi scomodi, ma anche poco piacevoli, eppure essendo la prima impressione che si ha di un paese dovrebbero fare ben altro per accogliere i viaggiatori. Non è raro che ci si imbatta in opere d’arte, in padiglioni che evocano le bellezze naturali del Paese in cui ci si trova, come nel progetto per il nuovo aeroporto di Urumqui (Cina) che lo studio HKS ha progettato ispirandosi alla ‘Via della seta’. Ma non sarebbe meglio, afferma Holbrook, pensare alla comodità e al comfort, oltre che alla facilità di fruizione, dei viaggiatori, anche affidandosi a collaborazioni con interior designer e altri professionisti competenti, anzichè dedicarsi all’effetto puramente scenico?