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La prima impressione è davvero quella che conta?

Si può cambiare la prima impressione che ci ha fatto una persona? Forse sì, afferma un esperimento

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Da decenni la scienza del comportamento umano ci insegna che la prima impressione è quella che più conta quando si interagisce con qualcuno: un momento fondamentale per ottenere un lavoro, per conquistare qualcuno, per stabilire un rapporto di buon vicinato. Quello che suscitiamo in maniera quasi istintiva ad una persona che ci incontra per la prima volta rimane il pilastro di base della sua opinione nei nostri confronti. Ebbene, degli scienziati hanno voluto testare la reale efficacia di questo assunto, chiedendosi se è possibile cambiare la prima impressione, o per meglio dire modificare le valutazioni implicite che le persone hanno su di noi (e noi su di loro).

La ricerca è stata effettuata da un team della Cornell University, e pubblicata sulla rivista scientifica del National Center for Biotechnology Information. Essa parte dall’assunto che ci sono due livelli di valutazione che elaborano le persone quando si fanno un’opinione su qualcuno: una valutazione esplicita (ad esempio ‘quella ragazza mi piace/non mi piace’), e una implicita (non espressa, ma alla base di ogni valutazione che si farà). La valutazione esplicita si può cambiare abbastanza facilmente di fronte a nuovi episodi, informazioni, vicende che permettono di conoscere meglio la persona in questione; ma quella implicita molto spesso, anche alla luce di nuove informazioni su una persona, tende a rimanere uguale, o di poco dissimile. Ma qualche frase detta nel modo giusto e nel momento giusto può sortire un effetto di ‘disfacimento’ della prima opinione.

Il test è stato condotto sottoponendo ai soggetti 7 casi in cui, in modi più o meno impliciti, si suggeriva una prima presentazione di qualcuno offrendo aspetti socialmente poco apprezzabili (dalla storia di un nazista nella Germania degli anni ’40 alle vicende di un rapinatore). Una volta che i soggetti si erano fatti un’opinione su questi casi, venivano aggiunte informazioni ulteriori: dettagli che permettevano di reinterpretare le loro azioni sotto nuova luce, e, un poco alla volta, arrivare a comprendere e infine capovolgere la prima impressione (ad esempio il nazista ha salvato molti ebrei, e il rapinatore in precedenza aveva salvato un bambino).

I risultati? Qualcuno ha cambiato la loro prima impressione, rivalutando le informazioni recepite e inserendole in un nuovo contesto, ma non tutti: qualcuno ha continuato a percepire in un modo ‘diffidente’ i casi presentati anche alla luce di nuovi aspetti positivi. Come applicare questi risultati alla propria vita? Puntando sempre su una prima impressione ottimale, ma cercando di mettere in luce qualcosa di buono di sé quando ci si rende conto che l’opinione di una persona nei nostri confronti è negativa. Per esempio, può capitare che in una giornata di malumore ci si rivolga in modo poco gentile ad un vicino di casa incontrato per la prima volta: egli vi catalogherà immediatamente come ‘sgradevoli’ o ‘antipatici’, ma avete una seconda chance per conquistarlo. Un atto di gentilezza la seconda volta che lo incontrate potrebbe cambiare la sua opinione implicita di voi. Vale la pena provare.

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