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Scoperto l’elisir dell’eterna giovinezza

Due scienziate dell’Università di Nottingham hanno scoperto la proteina che potrebbe fermare l’invecchiamento

Giovinezza
Courtesy of©evgenyatamanenko/iStock

Alzi la mano chi, superata la soglia dei trent’anni, non si guarda allo specchio ossessionata dai segni del tempo. Rughe, macchie e perdita di tonicità mettono a rischio il proprio aspetto. Creme e sieri, sono davvero sufficienti? Una buona notizia è pronta a deliziare tutte coloro che sono solite etichettare l’invecchiamento come un nemico da combattere. A quanto pare il segreto dell’eterna giovinezza esiste. A rivelarlo è uno studio condotto dall’Università di Nottingham e pubblicato sulla rivista Aging.

Giovinezza eterna: trovata la proteina ferma tempo

A fornire delucidazioni in merito sono state Lisa Chakrabarti e Amelia Pollard, le scienziate che hanno guidato la ricerca: il duo si è concentrato sulla famiglia di proteine anidrasi carbonica che si trova all’interno dei mitocondri e che converte l’ossigeno che respiriamo in energia necessaria ad alimentare l’organismo.

Dopo anni di studi è emerso che queste proteine potrebbero avere un ruolo fondamentale nell’invecchiamento cellulare e, per avvalorare la tesi, il team di scienziati ha utilizzato un processo chiamato elettroforesi bidimensionale, ovvero una tecnica elettroforetica utilizzata nel campo della proteomica per separare miscele proteiche complesse.

La soluzione blocca-invecchiamento

Separando tutte le proteine che si trovano nei mitocondri delle cellule cerebrali di cervelli animali giovani e meno giovani, è emerso che la quantità di anidrasi carbonica è maggiore nei cervelli più anziani.

Lo step successivo ha portato le studiose ad osservare l’effetto della proteina sui vermi nematodi. Cosa hanno scoperto? Ebbene sì, somministrando la proteina, la loro vita si accorciava.

Se i risultati dello studio venissero confermati, si potrebbe arrivare a produrre nuovi farmaci in grado di rallentare l’invecchiamento cellulare del nostro organismo. Non è tutto. La ricerca va avanti nella speranza di riuscire a identificare i composti chimici che possano orientare le proteine in questione. Sarebbe così possibile contrastare l’avanzata di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson.

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