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Il logo si rimpicciolisce. Anzi, scompare

Le case di moda riducono la visibilità del logo sui loro capi. E se non lo fanno loro, ci pensano i clienti

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In tempi di austerity sfoggiare marchi costosi può apparire fuori luogo. E allo stesso tempo un po’ cafone. A voler allargare lo sguardo, in epoca di crisi economica mentre le grandi aziende sono costrette a tagli e licenziamenti, non sempre l’identificazione in un grande brand funziona. Sono diverse le motivazioni per le quali il logo, il simboletto identificativo di un marchio, sta rimpicciolendosi sempre di più. Fino a sparire da molti capi di abbigliamento e accessori. Ricamato di nero su fondo nero. Oppure inserito semplicemente in etichetta interna. O ancora, impresso solo in un micro-dettaglio.

Il logo al tramonto?

Etichetta vuota senza il logo

C’è un romanzo scritto da William Gibson che si intitola L’accademia dei sogni. Ha per protagonista Cayce Pollard, una giovane donna particolarmente sensibile, anzi, patologicamente sensibile, ai marchi aziendali. Ha fatto di questa caratteristica un mestiere proficuo, ma nella vita privata è divenuta morbosamente avversa ai loghi, tanto da grattarli via ovunque può. Oggi Cayce Pollard sembra essere entrata a dirigere il settore marketing di molte aziende ultra note. Abercrombie & Fitch ha tolto le iconiche ‘A&F’ da felpe e t-shirt. Coach, Michael Kors, Northface sono solo alcuni dei brand che hanno rimpicciolito, mimetizzato, ridotto e ripensato il loro simbolo. Ralph Lauren prevede la rimozione del logo come servizio su richiesta. Online si trovano decine di tutorial e consigli su come scucire il ricamino con il nome dell’azienda senza danneggiare il capo. Come cancellare la dicitura impressa sulle lenti o la stanghetta degli occhiali.

Negli anni 2000 sfoggiare il logo di un brand sui capi di abbigliamento era un must. Essere indicizzati dalla testa ai piedi da simboletti e marchi era cool. E, accanto ad una generazione ‘No Logo’ ne cresceva una assolutamente addicted a coccodrilli, giocatori di polo, baffi e chi più ne ha più ne metta. Oggi i millennials preferiscono portare abiti e accessori che non gridano ai quattro venti da che azienda provengono. La qualità è tornata ad essere una caratteristica che si vede dai dettagli. Non la si mette sotto i riflettori attraverso un’enorme scritta, o un simbolo globale. Anzi, la boutique sartoriale locale è il vero traguardo chic di chi veste con attenzione. Chi porta i marchi oggi tende a farlo per mestiere (vedi alla voce fashion blogger). Mentre chi non è pagato non si fa più portavoce di un’azienda. O almeno non lo fa con evidenza.

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