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Il welfare secondo i millennials

Una indagine sui bisogni e la percezione dei lavoratori under 35

welfare aziendale
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Il concetto di welfare aziendale è, per forza di cose, in costante evoluzione. Deve riflettere il proprio tempo (o almeno dovrebbe), e rispondere alle esigenze effettive dei lavoratori. E dunque, in un mondo del lavoro così peculiare come quello che stanno vivendo i nuovi lavoratori, come dovrebbe essere il welfare aziendale? Ha cercato di capirlo JOINTLY – Il welfare condiviso (startup a vocazione sociale) attraverso una survey che ha coinvolto gli under 35 di oltre 10 aziende. Circa 3200 millennials hanno espresso la loro opinione. Ecco alcuni risultati dell’analisi “Indagine per i bisogni degli under 35”.

Welfare aziendale, cosa vogliono gli under 35

Meno vantaggio economico individuale, più benessere a 360°: è questa l’idea rinnovata del welfare che hanno i millennials. Che vede una minore centralità del lavoro e una crescente volontà di investire sul tempo libero e sulla cura del sé. I giovani che utilizzano già iniziative di welfare scelgono sempre meno le convenzioni (palestre, estetista, ecc…). A vantaggio di attività di volontariato (857). Occasioni di socializzazione (171). Attività di formazione (102 persone). E opportunità di adottare orari di lavoro flessibili (93).

Il grande cambiamento culturale in atto è che, a differenza di quanto percepito dai loro genitori, per i millennials il lavoro non è una mera fonte di guadagno. Né una componente totalizzante e centrale della vita. Piuttosto, è uno strumento utile al miglioramento della vita. Una percezione che si sta diffondendo tra le nuove generazioni e fa sì che le aziende debbano rivedere i propri piani. Come sottolinea Francesca Rizzi, CEO di JOINTLY-Il welfare condiviso. “La società moderna è caratterizzata da una fluidità tra vita privata e lavoro mai vista prima. Che comporta, per le aziende e gli operatori del settore, la necessità di prevedere sempre più iniziative volte al benessere e alla crescita della persona. Non solo nella dimensione lavorativa, ma sempre più in quella personale e di conciliazione vita-lavoro. Questo rende evidente il limite delle soluzioni preconfezionate e uguali per tutti, fatte di meri rimborsi e convenzioni”.

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