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La tazza televisiva, come nasce l’oggetto cult dell’intervista vip

Da anni è protagonista dei late-night, gli show satirici in onda a tarda serata. Ma è molto più di un recipiente da personalizzare in maniera commerciale

Tazza televisiva: E POI C'È KATHERINE, film
Adler Entertainment

Se l’Italia ama la tazzina da  caffè, gli Stati Uniti la ‘mug’, la tazza maxi regina dell’intervista televisiva ai vip. Da anni è infatti molto presente in un luogo che più di altri contribuisce a formare la cultura televisiva e a regalare popolarità: il late-night talk show. Il format che ha reso celebre un personaggio come David Letterman e dove vanno ospiti  come Barack Obama o Donald Trump.

Non c’è messa in onda a tarda serata- si va dal programma di Jimmy Fallon a quello condotto dal nostro Alessandro Cattelan – dove la mug non trovi un posto in primo piano. Ma perché sulla scrivania dei presentatori non manca mai?

Tazza televisiva: un po’ di storia

Il contenitore è già presente sulla scrivania di Johnny Carson nel ‘The Tonight Show starring Johnny Carson’. Il programma della NBC dal 1962 al 1992 fissa tutti i parametri del format moderno. Ossia tono satirico, stile rilassato del conduttore nell’accogliere ospiti di volta in volta diversi e siparietti musicali.

Da lì attraversa gli anni Duemila con alcuni passaggi celebri. È per esempio accanto a Donald Trump due mesi prima che diventi Presidente quando Jimmy Fallon decide di scompigliargli i capelli in diretta. E ancora la troviamo alla destra di David Letterman mentre intervista Farah Fawcett nel 1997. In tanti anni di storia silenziosa qualcuno ne beve il contenuto. Altri, la ignorano.

L’elemento scenico in più

Sarebbe tuttavia riduttivo identificarla solo come un elemento iconico della scenografia degli show. Con la gola secca c’entra poco o nulla. E neppure si spiega solo come mossa di marketing, dato che ormai ogni modello ospita quasi sempre il marchio della trasmissione.

La tazza è un vero e proprio ingrediente drammaturgico e giornalistico. Perché è letteralmente posizionata tra intervistatore e intervistato. I conduttori, anche quelli più bravi, si trovano spesso a cercare di carpire l’aspetto inedito di divi di Hollywood o di politici consumati che però a loro volta fanno il gioco opposto: non vogliono troppo raccontarsi.

Così poggiata a equa distanza segna proprio un confine: quello della lotta. Tra chi cerca di rubare un po’ di quell’autenticità che serve per portare a casa una buona intervista e chi continuamente gliela nega. Quando poi si vuole prendere fiato dalla raffica di domande e battute, la si può persino afferrare e sorseggiare con fare stanco o strategico.

E nella tv italiana?

Chi ne fa uso oggi è il programma E poi c’è Cattelan, l’erede più prossimo degli show a tarda notte. Ma anche Daniele Luttazzi la importò dagli Stati Uniti con il suo Satyricon. Su Sky Uno va purtroppo in onda inglobata in una sorta di teca trasparente; quasi sotterrata sotto il plexiglass. Un atto che profuma di pre-pensionamento e che fa dire: ‘fermi tutti’; stiamo forse demolendo un pezzo di storia televisiva e giornalistica?

 

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