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Leonardo da eco-Oscar

L’attore ambientalista acquista una dimora eco-friendly a Manhattan e inaugura un progetto con Jaeger Le Couture il cui ricavato sarà devoluto all’associazione “Leonardo di Caprio”.

Leonardo Di Caprio

Quando nel 1997 quell’astro nascente dal nome italiano illuminava a giorno il firmamento hollywoodiano, dalle nicchie anticommerciali della settima arte si sollevavano pareri controversi. Qualcuno intuiva le enormi potenzialità di un attore in erba, già distintosi in performance di spessore (come in “Buon compleanno Mr. Grape”, Lasse Hallström ’93, “Ritorno dal nulla”, Scott Kalvert ‘95, “La stanza di Marvin”, Jerry Zaks ’96, “Romeo + Juliet”, Baz Luhrmann, ed altri) in cui dava prova di un talento che andava ben oltre le sembianze angeliche. Altri, accecati dal fasto della tragica epopea del “Titanic“ (James Cameron ’97), sembravano non accorgersi che Leonardo Di Caprio, oltre ad essere bello, era anche dannatamente bravo.

La successiva carriera, centellinata in pellicole d’autore (“Celebrity”, Woody Allen ’98, “Gangs of New York”, Martin Scorsese ‘02, “Prova a prendermi di Steven Spielberg ‘02, solo per citarne alcuni) non poteva che confermare le più rosee premesse. Tanto da fargli perdonare i rari passi falsi (“La maschera di ferro”, Randall Wallace ’98, “The beach”, Danny Boyle ‘00) e qualche chilo di troppo, sbandierato sui rotocalchi, come se il talento di un artista si misurasse ‘a peso’ più che a prestazione. Oggi Di Caprio è per tutti un no doubt man e quel nome “troppo etnico”, difeso a spada contro i primi agenti che gli proponevano di chiamarsi Lenny Williams, è fonte d’orgoglio per i suoi fan nel bel paese (sebbene di sangue italiano nelle sue vene ne scorra ben poco).

Ma una reputazione professionale, che definire brillante sarebbe riduttivo, non è che l’aspetto più visibile di un valore umano dimostrato in anni di battaglie per il futuro del pianeta. Fondatore dell’Associazione ambientalista sua omonima, collabora negli anni con “Global Green” (filiale statunitense di “Green Cross”), con cui promuove appelli rivolti al presidente Bush junior a favore del protocollo di Kioto e realizza video-progresso a cui presta la sua icona idolatrata (http://www.leonardodicaprio.org).

Alla vigilia di un 2009 che si apre sotto il segno della crisi ambientale, il pubblico internazionale attende il prossimo 30 gennaio, data d’uscita nelle sale di “Revolutionary Road” (Sam Mendes). Nel film – udite, udite – l’attore sarà di nuovo al fianco di Kate Winslet, “titanica” compagna di 10 anni fa. E mentre Hollywood freme per un’interpretazione a rischio Oscar (dopo le tre nomination collezionate fino ad oggi), il fu Jack (oggi Frank Wheleer, marito benestante alle prese con l’ipocrisia mille-class della New York anni ’50) non se ne sta certo a guardare. Il suo impegno per la causa collettiva non conosce sosta e che sia o meno una ‘moda’ da ricchi poco importa. Se la stragrande maggioranza del pianeta non può permettersi il lusso di un eco-flat nel cuore di Manhattan (sebbene in scala eco-solidale), quella stessa fetta di mondo potrebbe almeno ricordarsi di fare la propria raccolta differenziata. A ciascuno il suo… a seconda delle tasche.

E, a proposito di “sostanze”, il colossale 34enne sta per lanciare insieme al brand Jaeger Le Couture, un progetto da 400mila dollari. È l’ammontare complessivo della linea d’orologi in serie limitata (di cui è testimonial) che sarà interamente devoluto nelle casse della sua fondazione insieme ai fondi raccolti in questi giorni da destinare alla “California Community Foundation”. L’associazione no profit, spenderà in azioni filantrope e civili, l’augurio di un attore che ha capito quanto al mondo serva ben più di chilometri e chilometri di sogni in cellulosa.