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Revenge porn, quando la molestia è in rete

Negli Stati Uniti il movimento End Revenge Porn fornisce supporto a chi si è ha visto pubblicare foto o video personali senza il rispettivo consenso 

Jennifer Lawrence 
La Presse
Il porno non consensuale (o revenge porn) è una forma di abuso sessuale che implica la diffusione e la pubblicazione di foto o video di persone nude, in atteggiamenti intimi o sessualmente espliciti senza il loro consenso”. Una definizione tratta dal manifesto di End Revenge Porn, movimento d’opinione nato negli Stati Uniti, che pone non poche domande sul recente furto di centinaia di foto private sottratte a celebrità come Jennifer Lawrence, Kate Upton e Rihanna e pubblicate su 4Chan.
 
Pubblicare gli scatti intimi delle celebrities, è un’azione da considerare deprecabile, oppure è il prezzo che le star pagano per il successo? E se ci sono i presupposti per definirlo come reato, di quale reato si tratta? Secondo End Revenge Porn, una sola risposta sarebbe possibile. Che le immagini diffuse riguardino persone famose o no, poco importa; il porno non consensuale, ovvero quella pratica virtuale che trasforma persone inermi in intrattenimento sessuale per sconosciuti, è considerato una forma di molestia perpetuata online, che ha certamente bisogno di tutele giuridiche come qualsiasi altro crimine esistente. Il porno non consensuale vìola la privacy delle vittime e si arroga il diritto di disporre del corpo dell’altro come se fosse un’estensione della propria volontà. Gli effetti sulla persona? Ansia, depressione, e nei casi più drammatici, il suicidio.
 
End Revenge Porn, nasce nel 2012 insieme a Cyber Civil Rights Initiative, una comunità in rete che fornisce supporto legale e ipotizza nuove strade giuridiche per promuovere la tutela dei diritti civili in rete. 
 
L’attività del gruppo nasce dall’esperienza di Holly Jacobs, il nome è fittizio, brillante dottoranda in Psicologia presso l’Università della Florida, che fu vittima per tre anni e mezzo di Revenge Porn mentre stava portando a termine il proprio percorso di studi. Le foto private che Holly aveva condiviso con l’ex fidanzato, furono infatti improvvisamente pubblicate su più di 300 siti online, costringendola a cambiare lavoro, nome e indirizzo, senza che l’FBI potesse intervenire in assenza di una legge che regolasse precisamente il comportamento criminale. 
 
Da quel giorno il movimento è diventato una preziosa risorsa per le vittime di molestia online, 90% delle quali sono donne, che ha persino costruito una guida per il legislatore completa di indicazioni utili a realizzare una legge federale che criminalizzi il porno non consensuale in tutta l’America. 
 
Tra il 2013 e il 2014, sono stati 27 gli Stati americani che hanno introdotto o sono in via di introduzione di norme precise che regolino il reato di diffusione di pornografia non-consensuale. In Italia, una legge ad hoc ancora non esiste e per i singoli casi, vengono estese norme esistenti come quelle che tutelano la privacy e combattono i reati di estorsione e diffamazione telematica. Altrettanto importante è tuttavia il cambio culturale. Dietro la pratica di diffusione di contenuti estremamente privati da parte di ex-fidanzati, amici o hacker esperti, sembra celarsi la volontà di considerare il corpo delle donne, siano esse ex-fidanzate o celebrità, come oggetti dei quali disporre a proprio piacimento. Tuttavia, che si tratti di Jennifer Lawrence, di Rihanna o di donne dalla vita più normale, è essenziale ricordarsi che il corpo delle donne appartiene a chi lo abita e non a chi illegalmente e senza nessun diritto, ne entra in possesso, nemmeno quando si tratta del popolo della rete. 
 
 
 
 
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