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Ironia e impegno: il momento d’oro di Pif

Un apprezzato debutto alla regia e un’amatissima trasmissione televisiva: l’impegno di Pif passa attraverso la commedia

Pierfrancesco Diliberto

A leggere le recensioni nei quotidiani, nei settimanali, nelle riviste di settore e non, la critica è preda di un ‘innamoramento’ nei confronti di Pierfrancesco Diliberto, alias Pif. Apprezzamento del tutto meritato, aggiungiamo noi. Il suo debutto alla regia è stato un successo, la trasmissione Il Testimone è amata da pubblico e critici (Aldo Grasso la definisce ‘antropologia light‘) ed è riuscito ad identificarsi come conduttore e autore di valore, grazie al perfetto mix di contenuto, semplicità e ironia.

Divenuto noto al grande pubblico in quanto inviato de Le Iene (in precedenza era autore della trasmissione) per cui giocava spesso sul tema nord-sud d’Italia, con ‘La mafia uccide solo d’estate’ si è aggiudicato il premio del pubblico al Torino Film Festival appena concluso, ed è quasi unanime l’apprezzamento della critica nei confronti della pellicola. Si tratta infatti di un film impegnato, ma raccontato con un linguaggio leggero, una pellicola di denuncia che usai canoni della commedia, un’opera che esprime amore per una città pur rivelandone le ferite aperte.

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La storia è quella di un bambino, Arturo (che da grande sarà interpretato da Pif), che nasce e cresce nella Palermo degli anni ’70-’80-’90, martoriata dagli omicidi e dai soprusi della mafia. Un bambino che ha come mito Andreotti, espediente divertente e tragicomico, che ama una compagna di classe (Flora, interpretata da Cristina Capotondi nel personaggio adulto) e che crescerà rendendosi conto solo da adulto di cosa succede attorno a lui e nella sua città. Sullo sfondo della vita di Arturo e Flora avvengono le esecuzioni di Cosa Nostra a personaggi troppo spesso dimenticati come Boris Giuliano, Rocco Chinnici, e altri meglio impressi nella memoria collettiva come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Non è la prima volta che Pif si impegna in opere che parlano di mafia, è stato infatti aiuto-regista di Marco Tullio Giordana ne ‘I cento passi‘, dedicato alla vita e alla memoria di Peppino Impastato, impegnato nella lotto alla mafia e per questo ucciso. In occasione della commemorazione delle stragi di Capaci e Via d’Amelio  ha scritto un racconto, ‘Sarà stata una fuga di gas’ parte di un’opera collettiva (‘Dove eravamo. Vent’anni dopo Capaci e via d’Amelio’).

Trattare argomenti dolorosi e impegnativi, informare e risvegliare le coscienze non è mai facile, e tanto meno quando lo si cerca di fare in chiave comica. Potrebbe passare tutto per leggerezza, o addirittura potrebbe offendere. La grande abilità di Pif è proprio in questo, nel riuscire a fare inchiesta senza eccessiva solennità, parlando in modo diretto ed evidenziando contraddizioni, ipocrisie, piccole e grandi follie umane attraverso la chiave comica, per molti versi terra-terra. E’ il caso de Il Testimone, trasmissione che Pif conduce dal 2007 su Mtv, di cui si è appena conclusa la quinta stagione, in cui affronta tematiche a volte pesanti, altre meno, ma sempre di rilievo dal punto di vista sociale. Riesce a parlare così ad un pubblico assai vasto, giovani inclusi, anche coloro che rifuggono dai ‘sermoni’. Con la sua telecamera a mano e le riprese da un punto di vista soggettivo racconta storie di omosessualità, di pizzo, di droga, di carcere, senza tralasciare argomenti prettamente ‘antropologici’ come i neomelodici napoletani, i raeliani, l’arte contemporanea e, perché no, Valeria Marini!

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