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L’identità segreta di un’autrice geniale: Elena Ferrante

La scrittrice del momento, il caso letterario per eccellenza, una narratrice che parla di donne alle donne. Ma la sua identità rimane un mistero, che nemmeno il New York Times è riuscito a svelare

copertina libro
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C’è chi i misteri non li sopporta, e vorrebbe svelarli a tutti i costi. Chi invece ama la tensione che creano, quella sensazione di fiato sospeso che elettrizza. Elena Ferrante è riuscita a far scaturire entrambe le reazioni: la disapprovazione di chi non gradisce la sua identità celata, e l’adorazione, totale e incondizionata, di chi non ha bisogno di sapere chi è, perché si nutre a sufficienza della meraviglia dei suoi romanzi. E forse è anche affascinato proprio dal non sapere chi ha scritto quelle pagine così fitte, quel fiume in piena di parole che travolgono e conducono in un mondo quasi esclusivamente femminile.

L’autrice della quadrilogia cominciata con ‘L’amica Geniale’, si è distinta, opinione pressoché unanime stando alle recensioni italiane e internazionali, come una delle più grandi narratrici del nostro tempo, un Caso Letterario con le maiuscole, che dal suo romanzo d’esordio ‘L’amore molesto’ (da cui è stato tratto il film di Mario Martone) a ‘Storia della bambina perduta. L’amica geniale volume quarto’ ha mietuto un successo dopo l’altro. Parlano di lei tutti i giornali italiani, le dedicano infiniti ritratti il New York Times, il Newyorker, la intervista Vogue America (in un servizio eccezionalmente privo di immagini), tutto senza mai rivelare il suo vero nome – Elena Ferrante è uno pseudonimo, senza mostrare il suo volto, senza cadere una sola volta nella tentazione dell’autocelebrazione. I libri devono essere a sé stanti, non hanno bisogno del loro autore, ha dichiarato in diverse interviste, tenute rigorosamente via mail; anzi a volte conoscere l’autore di un’opera le preclude la possibilità di essere giudicata liberamente, afferma. ‘Who is Elena Ferrante?’ si chiede T, il magazine del New York Times in un lungo articolo che ne elogia la scrittura, ma si sofferma soprattutto sull’alone di mistero che la circonda. Di lei si sa che è nata a Napoli, e che ha vissuto molti anni all’estero, dettagli che si riescono a cogliere grazie agli stralci di lettere e interviste raccolte nel volume ‘La Frantumaglia’, nato appositamente per soddisfare la bramosa curiosità del pubblico e in cui si evince la sua volontà, quasi maniacale, di conservare la sua privacy. Non è raro leggere o udire opinioni secondo cui Elena Ferrante sarebbe addirittura un uomo, ma l’argomentazione principale contro questa teoria è che solo una donna può parlare di donne in modo così veritiero e profondo.

Sì, perché è proprio questo che ha reso Elena Ferrante un’autrice letteralmente adorata dal pubblico femminile: la sua incredibile capacità di descrivere le complicate sfumature dell’amicizia tra donne, tra bambine, tra ragazze, quel rapporto di amore e odio, di complicità e competizione che accomuna Lila ed Elena-Lenù per tutta la quadrilogia de ‘L’amica Geniale‘ e che solo chi ha avuto una ‘migliore amica’ può comprendere. Ma la stessa sensibilità femminile emerge ne ‘I giorni dell’abbandono’ (altro volume divenuto film), in cui si narra la storia di una donna che deve affrontare la disgregazione della famiglia.

Solo una donna può comprendere certe sottigliezze, e solo una donna estremamente colta può non inciampare mai nello stereotipo di genere ma nemmeno di classe, scivolone facile se si ambienta il proprio capolavoro nei rioni poveri della Napoli del dopoguerra. La realistica ricchezza di sfumature di tutti i personaggi che ruotano attorno alle vicende di Lila ed Elena, della camorra che fa capolino qui e là nella vita del rione, dell’essere prima bambini, poi adolescenti e infine adulti lì, in quei luoghi che certo cambiano mentre gli anni passano, ma in qualche modo rimangono uguali a sé stessi così come chi li abita, è un affresco che difficilmente lascia indifferenti. E se questa minuzia di dettagli ci fa pensare che l’autrice dev’essere per forza di Napoli, allo stesso tempo non ci si riesce a separare dall’idea che dev’essere per forza una donna per riuscire a parlare così di donne. Forse un indizio non fa una prova, ma ognuno è libero di farsi un’idea leggendo i suoi volumi, da cui si viene letteralmente inghiotti grazie ad una narrazione che non concede un attimo di tregua.