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L’etichetta dell’emigrato

Un gallerista italiano che ha scelto di aprire uno spazio a Berlino e un’artista cilena residente da anni a Barcellona uniti da un’esposizione che sottolinea le difficoltà del vivere nel paese d’importazione

Lucia Egaña Ausländer
Courtesy of Vladimiro Izzo Gallery

Vladimiro Izzo é un ragazzo napoletano che ha aperto da alcuni mesi una galleria d’arte nel berlinese quartiere di Mitte. Nemmeno trentenne, non soffre il complesso dell’emigrante che tormentava un altro napoletano, il giovanissimo Massimo Troisi in Ricomincio da Tre, piccolo capolavoro cinematografico degli anni ’80. Il gallerista ha scelto Berlino, tra tutte le capitali europee, perché é una cittá vivace e dinamica dal punto di vista artistico, dove grazie ad un costo della vita relativamente basso i giovani creatori riescono a trovare spazi adeguati dove sviluppare i loro progetti.  

La cilena Lucia Egaña é a Berlino di passaggio. C’é arrivata grazie ad un programma residenziale per artisti: il suo progetto ha vinto un concorso indetto dal centro di produzione audiovisuale Hangar di Barcellona, città dove la videoartista vive da alcuni anni.
Ausländer, das Importland (Straniero, paese dell’importazione) é l’esposizione frutto della felice interazione tra questi due emigranti fuori dall’ordinario.
L’emigrazione ha certamente molte facce e Lucia (che per alcuni progetti usa il nome d’arte di Lucy Sombra) ne ha vissute diverse: nata in Germania da rifugiati politici negli anni della dittatura che ha insanguinato il suo paese, oggi vive le incertezze comuni a qualsiasi extracomunitario nella fortezza Europa.

Nel progetto Ausländer ha immaginato un paese formato dai movimenti migratori e dalle importazioni di prodotti, con l’intenzione di palesare la condizione di oggetto dell’emigrato. La bandiera che sventola su questo paese, immaginario pur essendo tanto vicino alla realtá, é costituita da una quantitá smisurata di etichette, di quelle che nei vestiti segnalano le istruzioni per il lavaggio, i materiali e il paese d’origine.

Le etichette sono equivalenti simbolici dei passaporti: oscuri oggetti del desiderio per quegli esseri umani che, da stranieri, come Lucia arrivano a pensare che solo per le merci é garantita la libertá di movimento. La mostra berlinese si completa con alcuni murales e delle rielaborazioni audio, nelle quali diventano musica le riflessioni filologiche di migranti di ogni provenienza, che parlano in un tedesco ricco di tutti i loro accenti delle difficoltá che hanno nell’apprendere la lingua, indicandone le parole piú difficili da pronunciare.

Ausländer, das Importland
Schumann Strasse 14/b D-10117 Berlin
(fino al 22 gennaio)
per maggiori informazioni:
http://www.vladimiroizzogallery.com

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