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Beauty

Bellezza, corpo, movimento. Questi gli elementi del VI Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia, parola di Ismael Ivo.

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Spettacoli, workshop, incontri di approfondimento e una video-installazione per il VI Festival Internazionale di Danza Contemporanea, programmato dal 14 al 29 giugno a Venezia.

Con Beauty, questo il titolo del Festival, il direttore Ismael Ivo estende la ricerca sul corpo che aveva caratterizzato le edizioni precedenti e crea una nuova corrente di scambio tra danza e mondo contemporaneo. Ossessione dei nostri tempi, la bellezza è infatti un nodo centrale di tutta l’arte e di tutto il pensiero occidentali.
 
A dibattere su questo tema, in una giornata di simposio che apre il Festival (14 giugno, Corderie dell’Arsenale), sono stati chiamati non soltanto danzatori e coreografi – perchè il corpo è da sempre il sensore d’elezione di ciò che si può chiamare oggi bellezza – ma anche studiosi, scrittori e giornalisti. Accanto ai coreografi Frédéric Flamand, Stephen Petronio, Michela Lucenti, Ismael Ivo, ci saranno Germaine Greer (la provocatoria autrice de L’eunuco femmina), David Michalek (artista e fotografo), Loredana Lipperini (saggista, scrittrice e giornalista telematica), Jeffrey Stewart (professore di “Black Studies” all’Università della California).

La sera del 17 giugno, al Teatro Malibran di Venezia, verrà assegnato il Leone d’oro alla carriera al coreografo praghese Jiri Kyliàn, anima del Nederlands Dans Theater.

Sono i 46 “ritratti in movimento” di Slow Dancing, autore David Michalek, a celebrare la bellezza e la magia della danza inaugurando il Festival il 14 giugno alle Corderie dell’Arsenale.

A declinare il tema della bellezza, secondo stili e pensieri diversi, sono poi le tante compagnie internazionali invitate al Festival: i camaleontici danzatori del Ballet de Marseille di Frédéric Flamand, che in Métamorphoses danno corpo alle fantastiche ibridazioni del testo ovidiano, complici i designer brasiliani Humberto e Fernando Campana (14/15/16 giugno, Teatro alle Tese); il potente dinamismo della Bonachela Dance Company guidata dallo stesso Rafael Bonachela, che in Square Map of Q4 innesca un cortocircuito tra umano e digitale (14/15 giugno, Teatro Piccolo Arsenale); il rigore formale e il segno radicale della compagnia di Stephen Petronio che, con un team di artisti al confine tra avanguardia e pop, composto dallo stilista Ben Cho e dai musicisti Antony Hegarty (Antony and the Johnsons), Lou Reed, Rufus Wainwrirght e Nico Muhly, presenta il trittico Beauty and the Brut, Bloom e This is the Story of a Girl in a World (15 e 17 giugno, Teatro Malibran).

I danzatori-attori di Balletto Civile guidati da Michela Lucenti, forti di una cifra originale che integra parola canto movimento, con Creatura, pezzo nato da una commissione della Biennale di Venezia sul tema della bellezza (16/17 giugno, Teatro alle Vergini); la splendida danzatrice afroamericana Francesca Harper, fra le migliori del Ballett Frankfurt di Forsythe, oggi leader di un gruppo di artisti con cui spazia dalla danza all’arte concettuale alla musica, per la prima volta invitata alla Biennale con il nuovo pezzo, ispirato al tema del Festival, The Fragile Stone Theory 2K8 / Interactive Feast (19/20 giugno, TeatroPiccolo Arsenale).

E ancora: Angelin Preljocaj,fra le massime personalità della coreografia francese e internazionale, insieme alla sua compagnia porta alla Biennale un dittico focalizzato sul binomio danza/musica – Eldorado (Sonntags Abschied), nato da un brano di Karlheinz Stockhausen, e lo storico pezzo Larmes Blanches (20/21 giugno, Teatro Malibran).
Il britannico Wayne McGregor con la Random Dance, che questa volta spinge la sua volontà di sperimentazione nei territori dell’intelligenza artificiale, immaginando agenti che possano “pensare coreograficamente”, e crea con Entity una nuova, poetica sintesi tra scienza e arte (20/21/22 giugno, Teatro alle Tese); Susanne Linke, una delle massime artefici del Tanztheater tedesco, che riscrive un assolo di smagliante bellezza, caposaldo del suo percorso artistico, Schritte Verfolgen II – reconstruction (24/25 giugno, Teatro Piccolo Arsenale); infine Alonzo King, uno dei più raffinati esponenti del rinnovamento del balletto classico, leader del Lines Ballet, a Venezia con un dittico: Rasa e Irregular Pearl (26/27/28 giugno, Teatro alle Tese).

Accanto a Balletto Civile di Michela Lucenti, la Biennale di Venezia ha affidato il compito di pensare coreograficamente il tema della bellezza ad altri due artisti, esponenti di una danza italiana che si è principalmente formata all’estero prima di tornare a operare in patria: Mauro Astolfi che, a Venezia con la sua compagnia Spellbound, ha trovato ispirazione nel mito di Don Giovanni – Il gioco di Narciso (28/29 giugno, Teatro Piccolo Arsenale);  e il ventisettenne Mauro De Candia che con l’assolo Chain of Feathers, ha pensato a “un corpo che disegna stati d’animo e visioni oniriche“ (28/29 giugno, Teatro alle Vergini).

Un capitolo a parte all’interno del Festival di Danza occupa lo spettacolo sperimentale La bambola di carne, opera di “polifonia mediatica“, ispirata al celebre film muto di Ernst Lubitsch e ideata da Letizia Renzini con la danzatrice Marina Giovannini, la vocalist Sabina Meyer e l’architetto e illustratore Paolo Fiumi. Coprodotto dalla Biennale con Dance Umbrella e ImPulsTanz, due fra i massimi appuntamenti internazionali dedicati alla danza contemporanea, e parte di un progetto più ampio avviato dalla Biennale stessa e sostenuto dal Programma Cultura dell’Unione Europea (European Network of Performing Arts – ENPARTS), La bambola di carne debutterà in prima assoluta nell’ambito del 6. Festival Internazionale di Danza Contemporanea (21/22 giugno, Teatro alle Vergini), per essere successivamente rappresentato a Londra e a Vienna.

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