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Il Bar nella rete

Intervista al designer inglese Sam Buxton.

Bordello Bar

Stile.it ha intervistato il talentuoso artista inglese Sam Buxton, incuriositi dall’originalità del suo progetto di interior design Bordello Bar e aspettando di vedere le sue istallazioni dal vivo, il prossimo marzo, a Firenze.

Signor Buxton, ci racconti del suo progetto Bordello Bar…
“Il progetto è stato concepito partendo dall’idea di un’istallazione scultorea e ragionando su come uno spazio commerciale potesse essere costruito attraverso la sperimentazione artistica. Il locale è un bar di Londra. Ho concepito la ricostruzione dell’ambiente utilizzando diverse tecniche per lavorazione dei tessuti”.

Può farci un esempio?
“Si, l’annodamento o la maglia, al fine di creare delle strutture fluide, senza giunture, che costruissero un rapporto tra l’istallazione tessile, l’ambiente architettonico e le persone nello spazio”.

Come è stato sviluppato il progetto?
“Come un corpo unico in cui ci si può muovere e agganciare in diversi punti. Dopo un periodo di ricerca e di sviluppo dell’idea trascorso nel mio studio, ho cominciato a lavorare direttamente sul campo, affiancato dal mio team e dalla designer di tessuti Emily Hiller,  sperimentando insieme diverse strutture e lavorazioni”. 

L’intero corpo di Bordello Bar è composto da 25 km di corda annodata a mano e un cavo di acciaio inossidabile intrecciato che galleggia sopra le mura della struttura originale dell’edificio, creando una nuova dimensione percettiva e sensoriale. La corda e il cavo ridefiniscono lo spazio a partire da un’idea di un corpo unico, una fluida istallazione scultorea, dove tutti gli elementi che attraversano l’ambiente sono interconnessi. Anche il sofà, le poltrone e le luci che arredano il bar, sono elementi integranti di un’unica struttura, in cui ciascun elemento è funzionale al tutto. Il concetto che è alla base di questo lavoro sarà esplorato in una serie di lavori futuri, a partire da una istallazione che faro a Firenze a marzo 2009.

Cosa influenza il suo lavoro?
“Ho molte fonti d’ispirazione, ma in special modo la scienza e la città che mi circonda, la vita urbana contemporanea. La nostra relazione con gli oggetti tecnologici, la necessità crescente di acquisire dati e il modo in cui ci interfacciamo ai portali d’informazione. Inoltre mi interessa esplorare come, in molti casi, siamo forzati a vivere dentro un quadro sempre più angusto di esperienze, scelte e intrattenimento. Le chiamo ‘esperienze confezionate’ che hanno un legame incontestabile con un determinato stile di vita e un virus globale di mediocrità”.

Quando ha iniziato a interessarsi di design?
“Non ho mai pensato a me stesso come un designer. Fin da giovanissimo mi è sempre piaciuto disegnare e costruire oggetti e a 18 anni ho deciso di studiare disegno 3D che, ingenuamente, pensavo mi avrebbe assicurato una carriera solida, un buon mix di arte e business! Ho dovuto lavorare sodo per conquistare la mia indipendenza e avviare il mio studio e ora continuo semplicemente a fare il lavoro che più mi interessa. Ogni volta che fai un nuovo provocatorio lavoro, senti che esiste! Il suo posto non può essere negato, deve potersi confrontare. Negli ultimi anni ho avuto sempre più occasione di produrre e esibire lavori in un contesto artistico: è in questo circuito in cui oggi si colloca principalmente il mio lavoro, tuttavia  continuo a produrre cose nuove rimanendo fedele a me stesso, senza scegliere una corrente, lascio agli altri definire le mie opere in un genere”.

Quale crede che sia l’aspetto più importante di un progetto di design?
“Voglio creare lavori che offrano qualcosa di nuovo, nuovi pensieri, nuove soluzioni e nuove esperienze. Faccio di nuovo riferimento all’arte e sottolineo che conta di più l’esperienza diretta della persona in un progetto di design”.

Un elemento importante del Bordello Bar è il rosso dei tessuti, il colore: è un aspetto importante del suo design?
“In effetti non ho esplorato il colore così come avrei voluto, anche a causa dei materiali utilizzati in passato, ma ho intenzione di farlo. Esplorare il colore andando oltre il suo utilizzo come semplice elemento estetico. Penso che sia così importante avere un buon occhio per colore. Nel Soho Bar ho usato il rosso seguendo l’istinto, forse per il calore e l’emozione che esprime, ma anche perché rimanda ai globuli rossi del corpo umano”.

Crede che oggi ci sia un maggiore interesse per il design rispetto al passato?
“Attualmente c’è più interesse verso il design, ma come status symbol. La cultura dei designer celebri e l’estetica glamour dei lifestyle magazine hanno innalzato il profilo dell’oggetto comune, ma ad un costo. Ci sono tanti oggetti intorno a noi progettati così male, eppure vengono prodotti, e tanti giovani creatori di talento che inseguono la notorietà. C’è bisogno di un dibattito nuovo nelle nostre scuole di design su che ruolo può avere nel mondo, nelle nostre città, nelle strade in cui viviamo”.

Progetti per il futuro?
“Sto lavorando ad un progetto che utilizzi la proiezione video per generare una superficie attiva su una forma tridimensionale. Gli elementi fisici sono quasi pronti ed ora comincerò a sviluppare il contenuto video.  Recentemente ho esposto alla galleria di Kukje a Seoul una continuazione della serie di miniature MIKRO [www.mikroworld.com] e sto sviluppando i lavori recenti in questa direzione. I prossimi sei mesi saranno dedicati alla produzione di un set di opere per la mostra del 2009”.