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L’università più verde della California

L’Università della California ospita una importante mostra per la sostenibilità dei nostri possibili futuri e si trova ad affrontare una contraddittoria situazione che mette in discussione la libertà di ricerca ed espressione

San Diego, California

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L’Università della California in queste settimane sembra essere sotto i riflettori internazionali del mondo dell’arte per due ragioni opposte. Da una parte minaccia di licenziamento il Professore di Arti Visive Ricardo Dominguez per aver sviluppato un software che, applicato a vecchi telefoni cellulari, consente a chi attraversa la frontiera tra Messico e Stati Uniti di individuare bacini di acqua potabile nel deserto. Accusato da alcuni membri del congresso degli USA di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina l’artista e performer Ricardo Dominguez sta ora rischiando di perdere il suo posto di insegnante presso l’Istituto per le Telecomunicazioni e le Tecnologie dell’informazione (CALIT2).

Lo stesso istituto è famoso per essere uno dei campus più “verdi” della California. L’università di San Diego è infatti tra le più sensibili alle questioni ecologiche e lo dimostra la mostra in corso fino al 4 Giugno 2009. Curata da Steve Dietz la mostra "Luce verde luce: verso la sostenibilità nella pratica” è una personale dell’artista di Chicago Sabrina Raaf.

Sabrina Raaf realizza sculture robotiche e installazioni site – specific che pongono domande sulla sostenibilità delle architetture verdi e degli spazi pubblici. In questa occasione l’artista espone tra le altre cose una scultura robotica che misura i livelli di anidride carbonica nella galleria prodotti dal respiro dei visitatori e riproduce le misurazioni in forma di prati dipinti sui muri con inchiostro verde. Con la scultura Icelandic Rift la Raaf rappresenta la visione di un futuro remoto nel quale la produzione agricola avverrà in ambienti a gravità zero.

In mostra anche lampade verdi che si trasformano in tende da campeggio e in cucine ad energia solare e fiumi che vagabondano lungo le finestre del sesto piano dell’edificio. Visioni di futuri possibili a partire da un presente quasi insostenibile con l’auspicio che nel futuro dell’Università della California ci sia ancora spazio per il  rispetto della libertà di ricerca, di espressione e di movimento.

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