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In Italia la cultura è donna. E precaria

Un recente studio spiega che l’80% di chi lavora per i beni e le attività culturali in Italia è donna. Ma gli investimenti sono sempre più bassi

Museo
SVLuma/Shutterstock

L’80% di chi lavora per i beni e le attività culturali in Italia è donna: ad affermarlo è uno studio realizzato all’intero del progetto ‘L’unità delle donne: 150 anni di lavoro femminile in Italia’, che presenta un excursus nel mondo dell’arte e della cultura nel nostro paese. Un mondo caratterizzato anche da precarietà diffusa, professioni destinate a una rapida estinzione tra finanziamenti esangui e mancato turn-over e tecniche e ambienti usuranti.

Lo studio verrà presentato all’interno del convegno intitolato ‘Il boccone indigesto della cultura’, in programma a Roma presso il Ministero dei Beni culturali, organizzato dalle associazioni ‘Amici delle Biblioteche’ e ‘Vento di Tramontana’, in collaborazione con Fillea Cgil.

L’obiettivo è quello di raccogliere le storie delle donne occupate nel settore e lanciare proposte su organizzazione del lavoro, riconoscimento delle professionalità, programmazione di politiche di welfare e di sviluppo.

È la Cgil a ricordare alcuni numeri del settore: l’Italia conta 45 siti patrimonio mondiale Unesco, 911 siti riconosciuti di eccezionale valore universale, 46.025 monumenti soggetti a vincolo di tutela, 5.668 beni immobili archeologici vincolati, 346 siti archeologici subacquei, 15 milioni di oggetti conservati negli archivi di Stato e oltre 35 milioni conservati nelle biblioteche pubbliche.

E ancora, 420 fra musei, monumenti, siti archeologici statali, 4.340 non statali (di cui il 45% dipendenti dai comuni), 26 musei d’arte contemporanea, 8.688 beni architettonici. Per tutto questo, il totale degli investimenti statali previsti nel bilancio 2011 è di 1.425 milioni, quasi la metà rispetto ai 2.241 milioni di euro del 2001, con una percentuale rispetto al bilancio dello Stato che è passata dallo 0,37 del 2001 allo 0,19% del 2011.

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