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Torino ricorda il cinema che fu

Una mostra presso la Mole Antonelliana ripercorre l’immaginario vivido e povero della cinematografia post-bellica

Campo de’ fiori di Mario Bonnard, Italia, 1943. Aldo Fabrizi (Peppino Corradini ) e / andAnna Magnani (Elide). Foto Pesce.Coll. Museo Nazionale del Cinema
Campo de’ fiori di Mario Bonnard, Italia, 1943. Aldo Fabrizi (Peppino Corradini ) e / andAnna Magnani (Elide). Foto Pesce.Coll.
80 tra fotografie e documenti, 15 manifesti, 23 monitor che ripropongono sequenze tratte da 55 film, 8 dialoghi eslusivi ai protagonisti di una stagione irripetibile, ma la cui eredità è ancora ben presente nello sguardo di un’intera generazione di cineasti e di spettatori tra i più eterogenei.

Parliamo del neorealismo, il movimento audiovisivo che nel secondo dopoguerra, con un’Italia tutta da ricostruire, orientò immagini e storie del grande schermo, al racconto del vero, del sociale e della realtà senza abbellimenti o eccessiva messinscena. Oggi, una mostra dal titolo, CINEMA NEOREALISTA. Lo splendore del vero nell’Italia del dopoguerra, a cura di Alberto Barbera, con la collaborazione di Grazia Paganelli e Fabio Pezzetti Tonion, ricorda all’interno del Museo Nazionale del Cinema e fino al 29 novembre 2015, le sfaccettature di una stagione dorata per la cinematografia nostrana. 

E si comincia dagli inizi, ovvero andando a ritroso di oltre settant’anni, partendo dal piccolo miracolo estetico che fu Roma città aperta di Roberto Rossellini, e percorrendo all’indietro il cinema dei telefoni bianchi negli anni Trenta, poi quello dei Anni Quaranta (il Renoir di Toni, i film di De Robertis), passando poi per la narrazione dei protagonisti, Rossellini, De Sica, Visconti, Lattuada, De Santis, Lizzani, e sfiorando il racconto dei membri storici delle crew di sceneggiatori e scrittori che lavoravano a stretto contatto per fare il cinema. Tra di loro, gli indimenticabili Suso Cecchi D’Amico, Sergio Amidei e Cesare Zavattini.

Ma la mostra non avrebbe corpo senza la possibilità di frammentare una stagione artistica felice, sia in diversi formati di racconto, dal video alle fotografie dal set, sia in diversi profili artistici, che senza la pretesa di farsi movimento, raccolsero l’eredità e lo spirito del neorealismo in mille declinazioni differenti. 

 

Così, lo spazio espositivo, oltre ad accogliere all’interno dell’Aula del Tempio, le interviste video dei protagonisti del filone cinematografico, prosegue poi sulla Rampa Elicoidale, con tre sezioni dedicate ai registi centrali del neorealismo – Roberto Rossellini, Vittorio De Sica e Luchino Visconti. A questa sezione si affiancano poi, le monografie di Carlo Lizzani, Giuseppe De Santis e Alberto Lattuada, i rimandi ai registi influenzati dal neorealismo, come Michelangelo Antonioni che nel ’39 inizia a girare Gente del Po, concludendo il percorso con le storie del cast tecnico con Cesare Zavattini, Sergio Amidei e Suso Cecchi D’Amico.

Ma di neorealismo non si finisce mai di parlare. E allora altri racconti, altri volti con Francesco Rosi, Pietro Germi, Citto Maselli e Renato Castellani, Bernard Tavernier, Davide Ferrario, Edgar Reitz, Abderrhamane Sissako, Marco Bellocchio, Robert Guédiguian, Martin Scorsese e Bernardo Bertolucci e i materiali di archivio che rappresentano la memoria storica dell’arte di ieri. Un ricordo che non smette mai di affascinare il pubblico di oggi e non solo, in una grande testimonianza del talento italiano. 

 
 

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