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Cina: l’impero del sole

La Cina è vicina. È talmente vicina che i più presbiti neanche se ne accorgono. Un enorme landa abbracciata dalla Russia, dall’India, dalle repubbliche caucasiche e dai più vari paesi del Sol Levante.

Cina: L'impero del sole

La Cina è vicina. È talmente vicina che i più presbiti neanche se ne
accorgono. Questo perchè quell’enorme landa abbracciata dalla Russia,
dall’India, dalle repubbliche caucasiche e dai più vari paesi del Sol
Levante, da paese arretrato che tutti credevano, si avvia ad occupare
il trono di grande potenza mondiale.

E non deve stupire, perché 1.273.111.000 di abitanti (e
questa è solo una stima del 2001) lavorano ogni giorno, come piccole formiche
industriose, senza chiedere nemmeno perché.

Si consideri poi che tutta questa gente si divide in almeno
dieci gruppi etnici, parla almeno dieci lingue diverse (compreso il mandarino
che è la lingua ufficiale) e pratica almeno tre religioni ufficiali. Oltre al
Buddhismo, al Confucianesimo e al Taoismo, una gran parte di loro è cristiana e
musulmana.

Insomma, ce n’è per ognuno, e ovunque. A buon titolo quindi,
l’Impero del Sole ha domandato e ottenuto di ospitare per la prima volta nella
storia i giochi olimpici del 2008. Cosa troveranno gli atleti e i giornalisti
arrivando a Beijing?

Troveranno un paese in cui la repubblica popolare è riuscita
a cancellare cinquemila anni di storia, e in cui il capitalismo è ormai
riuscito a cancellare 55 anni di repubblica popolare.

Chi pensa che passeggiando per le strade di Pechino –
attraverso la sconfinata piazza Tienanmen, per i distretti centrali di
Dongcheng e Chaoyang o  per il quartiere
universitario – si possano ancora incontrare gli eroi della rivoluzione, con
ogni probabilità rimarrà deluso. Vedrà piuttosto una moltitudine di uomini,
donne e bambini che vendono, sputano, comprano, mendicano e vanno. Vanno tutti
da qualche parte, o aspettano l’autobus accovacciati sul marciapiede.

Tra di loro, ogni tanto, vedrete sfilare un uomo in giacca e
cravatta, con il Rolex d’oro e i calzini bianchi, magari che parla animatamente
al cellulare. Questi uomini, che vanno all’opera ma mai in vacanza, sono la
nuova classe che dirige il paese verso la prosperità. Anche loro sputano e
scoreggiano, ma invece di rincasare nel monolocale di compensato, si infilano
in enormi grattaceli con il tetto di pagoda, hanno televisori a cristalli
liquidi e macchinone coi vetri oscurati.

È questa la grande contraddizione di un paese che piano
piano si sta sbarazzando della sua povertà. Una povertà che è penetrata fin
nelle viscere del paese, e che stenta a levare le tende. È vero, hanno il
condizionatore, il frigorifero, la macchina di lusso, il televisore a cristalli
liquidi, ma dove? I condizionatori divorano come cancri i palazzi e le
catapecchie, rosicchiando con l’umidità intonaci e cementi devastati. I
frigoriferi e i televisori compaiono anche nel monolocale di compensato, ed
occupano la metà dello spazio vitale. La Mercedes nera attraversa strade a sei
corsie dove biciclette e pedoni cenciosi bivaccano sulla carreggiata. Questa è
Pechino. Prendere in considerazione Shangai o Hong Kong sarebbe come parlare di
Parigi o di New York. Quella è un’altra Cina.

In virtù delle olimpiadi come apparirà tutto questo? Troppa roba da
nascondere e da costruire. Lo Stato ha stanziato trentasette miliardi di
dollari per darsi lustro e ospitare il grande evento nella capitale. In quattro
anni si puliranno quartieri, si edificheranno stadi, si innalzeranno grandi
alberghi, si venderanno le magliette con il logo dei giochi e chissà
quant’altro. Gli investitori di tutto il mondo hanno rivolto il loro sguardo
alla Cina, che ha promesso di non deludere.