Pubblicato il

Be cool

Il sequel di Get shorty riporta sulla pista da ballo dopo dieci anni da Pulp Fiction John Travolta e Uma Thurman. Nel cast anche il cantante Steven Tyler, Cher e Danny De Vito.

BE COOL

regia di F.Gary Gray
con John Travolta, Uma Thurman

I sequel sono una perversione cui il cinema non riesce proprio a rinunciare. In questo caso erano passati dieci anni, e forse del classico seguito a scoppio ritardato non si sentiva la necessità. Ma Be Cool è diventato un tenero, divertente amarcord. Get Shorty, l’antesignano, con John Travolta nei panni di Chili Palmer, mafioso in trasferta da Miami a L.A., strozzino con il sogno di fare cinema, era uno di quei film che si rivedono volentieri quando passano in tivù.

Satira sul sottobosco hollywoodiano basato su un romanzo del grande Elmore Leonard, re del noir molto amato dal cinema (dai suoi libri sono stati tratti film come Quel treno per Yuma del’57 o il tarantiniano Jackie Brown) . Be Cool cerca di ricreare quell’atmosfera e quel mondo, passando dal cinema alla musica. Forse ci riesce solo in parte prima di annegare in un finale in stile Sister Act, ma due pregi non glieli toglie nessuno. Primo: aver riportato sulla pista da ballo dopo dieci anni da Pulp Fiction, Uma Thurman, bellissima e tutta vestita di bianco, e John Travolta sempre uguale, forse leggermente imbolsito, in un look ‘James Bond da strada’. E la scena al ritmo di ‘Sexy’, straordinaria canzone di Joabim del ‘62, in versione rap, vale il film per l’ironia e il feeling tra i due.

L’altro motivo per andare a vedere Be Cool è di nuovo Elmore Leonard, questa volta anche produttore esecutivo. La sua L.A., cinica e romantica, è la vera protagonista: dalla Viper room, il locale sul Sunset Boulevard dove morì River Phoenix, bello e maledetto, alla vista della città sterminata dalla villa con piscina sulle colline dove Uma Thurman prende il sole in un fantastico costume Missoni style. E poi lo Staples Center dove giocano i Lakers, il Chinese Theater, i locali dove si balla musica degli anni Cinquanta, i parcheggi desolati, i banchi di pegni, le macchine esagerate. Nella città inquieta di Leonard si muove Chili Palmer-Travolta, ex strozzino che vuole buttarsi nel mondo della musica. Impresari senza scrupoli, un Harvey Keitel un po’ sbattuto e spettinato, gang di rapper armati di pistole e braccialettoni d’oro, bande di russi con parrucchino e vasetti di cetrioli, killer con gli occhiali aggiustati con lo scotch, bodyguard che preferirebbero fare gli attori che sparare, manager più simili a paponi (il più bravo sicuramente Vince Vaughn, con degli improbabili giubbotti griffati). Una crime story in bilico tra trash e fumettone, dove naturalmente c’è la fanciulla da salvare, Linda Moon ovvero Christina Milian, attrice e cantante. Ragazza sconosciuta dalla voce angelica cresciuta nei cori della parrocchia e finita nella giungla della produzione musicale.

A salvarla ci penserà Travolta-Palmer insieme alla Thurman, sensuale proprietaria di un’etichetta discografica in fallimento. Accanto a loro una girandola di personaggi strabiliante: dal leader degli Aerosmith Steven Tyler, più rifatto di Cher, a James Woods, che muore nella prima scena. E, per i nostalgici, non poteva mancare Danny De Vito.