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24 ore a Delhi

Un giro nella metropoli indiana tra elefanti e bazar a bordo dei caratteristici tuc tuc, alla volta di alcuni tra i più recenti monumenti, come l’esorbitante Swaminarayan Akshardham, unico centro di cultura indiana della capitale.

Delhi

Delhi non può che essere una città d’impatto per ogni
viaggiatore occidentale che vi si trovi catapultato, magari di passaggio come
nel mio caso. Un sogno ad occhi aperti, o un incubo. Il primo di impatto è
certo con il clima, quel caldo umido che sembra riuscire a far evaporare
qualsiasi pensiero sì che ci si ritrova ad assorbire ogni odore, colore,
rumore, quasi in uno stato di assenza dal mondo. Delhi al primo sguardo è così,
disorientante, frenetica, onirica.

Bisogna prendere il tuc tuc, una sorta di veicolo a tre ruote che sostituisce il più
tradizionale e meno divertente taxi, e farsi condurre senza avere né fretta né
calma, nei luoghi più interessanti della città, per avere servita su un piatto
d’argento la vita quotidiana che scorre frenetica a Delhi. Un caos organizzato
che si mescola al frastuono di clacson che suonano ininterrottamente, mentre su
una stessa strada circolano indisturbati elefanti insieme a motorini con tre
persone al seguito, macchine, carretti con i venditori ammucchiati insieme alla
loro merce, taxi e tuc tuc che si sfidano in acrobatici testa coda mentre chiunque attraversa la strada senza
troppa preoccupazione, inchiodando a un passo dalle ruote.

Per i primi tempi
bisogna abituarsi al ritmo del traffico di una città enorme, che sembra lontana
anni luce da quella dilatazione temporale che riservano altre zone dell’India.
Altrimenti, bisogna avventurarsi nei quartieri vecchi, tra la gente e i bazar
con ogni sorta di mercanzia che sostituiscono i profumi di spezie e incenso a
quelli, non meno intensi, del traffico e dello smog.

Avendo poco tempo a
disposizione, scegliamo di visitare alcune tra le cose più recenti della città,
come il Lotus Temple, uno degli
innumerevoli luoghi di culto della capitale ma, a quanto pare, tra i più
grandi, caratterizzato dalla forma di un fiore di loto. Introdotto da un
bellissimo giardino dove spiccano piante e alberi in forma smagliante, il
tempio all’interno assomiglia molto alle nostre chiese, con tanto di posti a
sedere e pulpito.

Ben più tradizionale risulta invece lo Swaminarayan Akshardham (Akshardham Setu, N.H. 24), un enorme
tempio aperto da appena 10 mesi per un lavoro di costruzione che ha impegato 7000 scultori in 5 anni,
quasi un miracolo viste le dimensioni della struttura e la cura che la
caratterizza. Spicca come unico complesso di cultura indiana, o per meglio dire induista, nella capitale, ed
in effetti è un concentrato di arte tradizionale che si erge sontuoso in un’area di
100 acri. E’ stato ideato e creato da Pramukh Swami Maharaj in onore di Bhagwan Swaminarayan (1781-1830), figura centrale della realtivamente recente setta indiana detta Swaminarayan Sampradaya, che ha come testi di riferimento gli antichi Veda della civiltà indù. Tra i simboli sacri su
cui fonda l’intera struttura spicca quello delle impronte dei piedi di
Swaminarayan che testimoniano la sua incarnazione sulla terra, sacri segni
della divinità.

Punto focale dell’intera struttura che consta di molti
ambienti, tutti altamente significativi e celebrativi dell’antica tradizione
Vedica indiana, è l’Akshardham Monument,
costruito in pietra rosa e marmo bianco senza nessun uso di acciaio, superbo
con le sue nove cupole, venti pinnacoli e oltre ventimila figure scolpite. Un
concentrato della più tradizionale architettura indiana. Il cuore del monumento
è una enorme statua (murti) in oro di
Bhagwan Swaminarayan nella tipica posizione del Buddha a gambe incrociate,
attorniato da altre 5 eleganti murti
rappresentanti Shri Radha-Krishna, Shri Sita-Ram, Shri Lakshmi-Narayan e Shri
Parvati-Shiv.

All’interno si compie un affascinante viaggio nella complessa
spiritualità indiana, attraverso 24 Keshav,
le forme del divino basate sulle scritture Panchratra, murtis di 500 paramhansas
in cima alle colonne, superbe sculture in marmo a rappresentare le scene della
vita di Swaminarayan e via dicendo, in un evolversi di luminosa raffinatezza.
Per non parlare degli ornamenti del Mandovar,
il muro esterno: qualcosa come 4287 rocce intagliate formano preziosi
altorilievi che includono 48 murtis
di Ganeshji (la principale divinità indù con le sembianze d’elefante) e 200
figure scolpite di mistici, devoti, divine incarnazioni e quant’altro.

A
circondare il monumento una fila impressionante di colonne in pietra rossa (Parikrama). Molti altri dettagli e
ambienti rifiniti seducono il visitatore che, senza fretta, riesca a coglierli
tutti. All’interno dell’immancabile Souvenir
Shop
si può trovare di tutto, dagli incensi alle medicine e prodotti locali
a base di erbe naturali, gadget, oggetti di ogni tipo, libri e cartoline.