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Una comica al vetriolo

Irriverente, caustica, ma irresistibile, Sarah Silverman divide l’America in due metà.

Sarah Silverman

Sarah Kate Silverman, nasce il 1 dicembre 1970 a Bedford nel New Hempshire. Figlia di genitori ebrei ed ultima di 4 sorelle, già da bambina, fa del salotto di casa la sua platea, imitando i tic familiari connessi alla religione d’origine. Lo stereotipo ebreo-americano è, infatti, ancora oggi il bersaglio prediletto della sua satira graffiante che mira alle controversie sociali senza paura di giudizi o conseguenze.

Dopo le scuole superiori, lavora per il “Sathurday Night Life”, il programma comico più in voga d’America, ma il risultato è disastroso. Dei suoi testi, infatti, solo uno riesce a superare la prova costume conquistando la messa in onda e Sarah viene licenziata, via fax, perché giudicata “politicamente incorretta”. La vendetta è immediata e lei, subito assunta dal “Larry Sanders Show”, si esibisce nell’esilarante parodia dell’accaduto, volgendolo a suo favore.

Da allora la carriera è in ascesa. Collabora a decine di spettacoli di satira, a numerose pellicole, recitando non solo ruoli comici e, l’11 novembre 2005, il suo primo one-woman show si trasforma nel film “Sarah Silverman: Jesus is magic”.

Dopo innumerevoli apparizioni da guest star, gira uno sketch per i “Queens of the stone age”. La scena, che la vedeva intervistare da psicologa il cantante Josh Homme, testimonia l’interesse quasi ossessivo verso il fenomeno della depressione. Come nella miglior tradizione della comicità di “spessore”, la clownessa nasconde anfratti profondi che conducono a una tristezza di felliniana memoria.

Il 12 marzo del 2006 Sarah Silverman conquista la cover dell’“Observer” con un articolo scopertamente autoreferenziale: “Se le donne non sono divertenti, come mai la più sexi e controversa comica del mondo è una femmina?”.

E finalmente il grande salto, il “The Sarah Silverman Program”, una sit com tutta sua che sviluppa, in versione fiction, il fortunato ruolo già ricoperto nel “Larry Sanders Show”. Il successo è strepitoso: record di share e 18 milioni di telespettatori che ne apprezzano l’impegno sociale. Sarah spazia dai diritti dei gay alla lotta all’alcol, dalla politica alla guerra, con un’irriverenza che ricorda, moltiplicata, quella degli amati Jerry Lewis, Steve Martin e Ben Stiller.

Ma, proprio al vertice della popolarità, scivola su una buccia di banana e il gap tra estimatori e detrattori si fa più profondo. Siamo a giugno 2007 e la Silverman presenta gli “MTV Movie Awards”, gli ambitissimi premi che il mondo dello spettacolo consegna alle star più acclamate del momento. Già nell’edizione precedente aveva fatto ridere il mondo con una lapidaria esibizione mirata a Paris Hilton e ai suoi guai con la giustizia.

Ma questa volta la vittima prescelta, una reduce Britney Spears, già troppo debole per essere frustrata, non è quella giusta. Tuttavia la comica spietata, salita sul palco dopo la raccapricciante performance della cantante, le si scaglia contro, infierendo con una veemenza che non risparmia nemmeno i suoi 2 bambini. Gelo in sala, solo qualche tiepida risata da parte dei più cinici.

L’acido lanciato sulla giovane diva, appena fuori da un periodo che la vedeva calva, bolsa, massacrata sulle pagine dei rotocalchi, le si riversa contro. Chi è dunque Sara? Carnefice impietosa o vittima di una scelta che non vuole, non può, né deve risparmiare nessuno? Forse un essere umano dalla sublime intelligenza che conserva, tuttavia, un margine di errore. Ma le scuse non arrivano e il suo personaggio resta in bilico su di un pubblico che la ama, la odia e che di certo, nel bene o nel male, continuerà a garantirle un audience smisurato.