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Il favoloso mondo di Emily

Dopo “Il diavolo veste Prada”, Emily Blunt è tra le star più richieste del firmamento hollywoodiano, con ruoli di spessore che la vedono già impegnata fino al 2009.

Emily Blunt

È uno dei rari esempi a Hollywood in cui a talento, fascino e successo non corrisponde alcun intento iniziale. Una di quelle dive ‘per caso’, in grado di far sperare o morire d’invidia gli aspiranti all’Olimpo della settima arte. La recitazione è infatti solo una delle doti che la natura ha voluto regalarle. Nata a Roehampton, il 23 febbraio del 1983, primogenita con 3 fratelli, asseconda da subito tutte le sue attitudini: pianoforte, violino ed arte drammatica, a cui si dedica una volta fuori dall’Hurtwood college.

Le prime messinscene, fatte per gioco, mettono in luce uno straordinario talento che la porta a vincere nel 2001 l’Evening Standard Theatre Award per lo spettacolo “The Royal Family” diretto da Peter Hall.  Dalle tavole del palco al piccolo schermo con Boudica del 2003 e poi subito cinema con il difficile ruolo della giovane lesbica di “My summer of love” (Paul Pawlikovsky ‘04). Ma la vera fortuna arriva con il celebre “Diavolo veste Prada” (David Frankel 06), che le conquista fama mondiale grazie alle spoglie splendidamente vestite della segretaria arpia di Merlyn Streep. Accanto al mostro sacro, la Blunt brilla di luce propria, tanto da fare impallidire persino la protagonista, la giovane rivelazione Anne Hateway.

Hollywood s’innamora di lei e, dopo il Golden Globe come attrice non protagonista, comincia a regalarle parti su parti. Rovina famiglie ai danni di Susan Sarandon ne “Le verità negate” (Ann Turner 06), Emily è vittima degli spettri in “Ghiaccio rosso sangue” (Gregory Jacobs 07) e fondatrice di un club di lettura ne “Il club di Jane Osten” (Robin Swicord 07). Segue il ruolo d’elettrice ribelle, figlia d’un ultraconservatore nel film di Mike Nichols, “La guerra di Charlie Wilson” (07).

La pellicola, ambientata in piena guerra fredda, quando gli States finanziavano l’Afganistan per bloccare l’avanzata russa, partecipa alla tendenza attuale di ricercare nel passato di 30 anni le radici del marciume dell’America di oggi. Il film festeggia i 25 anni di una Emily perfettamente a suo agio in mezzo ad un cast di stelle (tra cui Tom Hanks, Julia Roberts e Philip Seymour Hoffman) che contribuisce ad un ritratto sociale dissacrante con un’interpretazione magistrale che dimostra capacità anche in ruoli di spessore.

Il pubblico italiano aspetta ora trepidante di rivederla nei panni di una dottoressa nella commedia “A proposito di Dan” (Peter Hedges 07) con Juliette Binoche e Dianne Wiest, in uscita nelle sale in questi giorni. Ma soprattutto nella post produzione “The Great Buck Howard” (Sean Mc Ginly 09)) dove interpreterà una giornalista rampante al fianco di John Malkovich.

Per il prossimo anno, in arrivo altri due personaggi che promettono di portarla in trionfo. Quello della Regina Vittoria, nell’epopea del regno più lungo della storia britannica (prodotta da Martin Scorzese e diretta da Jean-Marc Vallee). E quello d’eroina nel remake di “The Wolf Man” (George Waggner, 1941) dove, insieme a Benicio Del Toro, protagonista maschile, ed Anthony Hopkins, interpreterà la leggenda dell’uomo lupo diretta da Brett Ratner.

Un successo professionale variegato che brucia le tappe della sua giovane carriera, a cui si aggiunge quello raggiunto nella vita privata, accanto all’amatissimo Michael Bublé. Il nuovo Frank Sinatra la porta persino in tour con sé dedicandole un brano, intitolato significativamente “Everything”, coinvolgendola in un duetto, “Me and Mrs Jones”, e rendendola ancora più amata dai fan e odiata, se ci sono, dai detrattori.