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Lo scacco della memoria

Dall’Italia alla Bosnia, e di nuovo in Italia, Elvira Mujcic compie a fatica e con dolore un viaggio nella memoria della guerra che ha sconvolto l’ex-Iugoslavia negli anni ’90.

Elvira Mujcic

Zlatan, protagonista del romanzo “E se Fuad avesse avuto la dinamite?” (Infinito Edizioni), è un ragazzo normale, vive e lavora a Roma, dove divide un tipico appartamento da “precari” con altri ragazzi. Con i suoi amici condivide i problemi più banali, il lavoro, la ragazza che lo ha mollato, una gastrite cronica peggiorata dalle sigarette. Qualche grattacapo lo deve alla sua cittadinanza: è bosniaco, giunto in Italia appena adolescente, sfuggito all’assedio che ha soffocato Sarajevo per quattro anni, dal ’92 al ’96. Nella sua vita quotidiana questo si traduce nelle interminabili file a cui è costretto ogni due anni, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno. Ha accuratamente allontanato in un angolo remoto della sua coscienza la guerra, i massacri, la fuga, i genitori rimasti in Bosnia, la sua infanzia. Evita i suoi concittadini, evita di parlare della sua guerra, rifiuta il ruolo di “balcanico” ossessionato dall’etnia che così facilmente gli appiccicano addosso in Italia appena sentono pronunciare la parola “Bosnia”.

Quest’esistenza banalmente gastritica conosce però una frattura, che coincide con una vacanza in Bosnia, a casa dei genitori a Sarajevo ma, soprattutto, a casa della nonna materna, rimasta nel villaggio di Visegrad, in riva al fiume Drina, teatro di orrendi massacri ai tempi della pulizia etnica contro i musulmani bosniaci. A caccia di notizie su un leggendario comandante bosniaco, Fuad, che alla vigilia dell’occupazione di Visegrad da parte dei paramilitari serbi aveva tenuto tutti in sospeso con la minaccia di far saltare il maestoso ponte che si slanciava tra le due sponde della Drina, Zlatan compie a trent’anni quel viaggio nella sua memoria personale e familiare che per tutta la vita aveva evitato.

Confrontatosi con l’orrore dei racconti di sopravvissuti che in realtà sono più morti dei morti (la sua compagna di giochi infantili Amela, inebetita dalle sevizie subite durante l’occupazione serba, o la stessa nonna, mai ripresasi del tutto dalla morte del marito ucciso dai soldati serbi), e con l’aiuto di uno strano zio, sempre considerato da lui e dal padre poco più di un contadino ignorante e succube di idee nazionalistiche, Zlatan insegue una domanda, ossessionante: perché è potuto accadere tutto questo?

La Mujcic (foto) condurrà il suo personaggio, vero e proprio alter ego maschile alla sua stessa esperienza di profuga bosniaca divenuta ormai italiana, ad un abbozzo di risposta, che sarà inevitabilmente più complesso della domanda stessa. Una via personale però, per convivere con quel “troppo di memoria” che avvolge le esistenze di individui segnati, in maniera indelebile, dall’irruzione dell’odio nelle sue forme più assolute e oscene.

Titolo: E se Fuad avesse avuto la dinamite?
Autore: Elvira Mujcic
Editore: Infinito Edizioni
Pagine: 154
Prezzo: €12,00

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