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La pacifica rivoluzione rosa

Se oggi le donne indossano pantaloni, bikini e minigonna, sono single e non più zitelle, lavorano, vivono libere amore e sessualità, è perché vennero precedute da donne Bellissime, protagoniste dei docu-film di Giovanna Gagliardo, ogni lunedì su Rai3.

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LaPresse

Con il fattore “doppia faccia della medaglia” che solo le donne sanno forgiare con maestria, si dice che i più apprezzati complimenti siano quelli che si ricevono proprio dalle donne. Come a dire che se ci sono di mezzo invidia e falsità, o il complimento non arriva o, per lo meno, in questi casi è piuttosto facile smascherare l’ipocrisia. Tra donne si è capaci delle più genuine solidarietà ed amicizia, ma anche delle peggio perfidie e cattiverie. Siamo esseri multisfacettati, nel bene e nel male, ma, tra le tante cose su cui concordiamo c’è la convinzione che nessun uomo, anche il più sensibile e profondo, possa raccontarci come lo farebbe una donna.

Ecco perché Bellissime è una rara sorpresa del palinsesto estivo, che per non smentirsi, anche questo anno è impostato sul déjà vu. Ogni lunedì su RaiTre alle 23.55, c’è Bellissime, una sorta di appuntamento al buio (visto l’orario) tra signore!  Infatti, dalla voce di una donna che in realtà è un coro femminile, si parlerà del cammino delle italiane durante il ventesimo secolo, cioè la grande avventura femminile che in cento anni, ha ridisegnato la propria immagine e il proprio ruolo nella famiglia e nella società.

La portavoce di questo riassunto corale, fatto di documenti storici dell’Archivio Luce, immagini scovate nelle Teche Rai, spezzoni di film, canzoni popolari e interviste, è la regista-sceneggiatrice Giovanna Gagliardo, che ha realizzato Bellissime nel 2004 e due anni dopo Bellissime-Seconda parte. Si tratta di due film-documentari che RaiTre ha deciso di trasmettere in chiaro, suddividendoli in 5 appuntamenti ciascuno. Insomma dieci lunedì notte dedicati alla lunga e pacifica rivoluzione delle donne, un video, uno spot lungo cento anni che ha solo l’ambizione di coniugare “l’aria del tempo” con il tempo che cambia e che spinge a cambiare. Sempre.

Il primo Bellissime, prodotto dall’Istituto Luce è diviso in quattro parti (Le madri del Novecento, Donne tra passato e futuro, Penelope va alla guerra e Nessuno le può giudicare) parla di tutte quelle meravigliose pacifiche rivoluzionarie che con proteste, rinunce, attese ed eroismi hanno costruito l’autodeterminazione femminile. Bellissime sono le donne sconosciute e quelle celebri, le canzoni che cantano e le aree d’opera che gorgheggiano, i vestiti che indossano e le violenze che subiscono. Sono le nostre madri e le nostre nonne che hanno preparato il terreno a privilegi e conquiste attuali.

Da questo primo successo e la sua importanza storico-sociologica, nasce Bellissime-Parte seconda, prodotto da Bianca Film, Rai Cinema, Rai Teche (che per l’occasione ha restaurato e digitalizzato materiali mai più trasmessi dopo la prima messa in onda) e ancora con la collaborazione dell’Istituto Luce. Giovanna Gagliardo qui racconta la storia delle donna dagli anni ’60 ad oggi, sempre dalla “parte di lei”. Ci sono le prime “ragazze madri” orgogliose della loro “irregolarità” coniugale, ma anche campionesse olimpiche, adolescenti in minigonna, donne del cinema, del terrorismo, vedove di mafia, artiste, operaie, femministe, fotomodelle, scienziate, donne in piazza per le leggi sull’aborto e il divorzio. Interviste, video, testimonianze, parole, voci e occhi delle donne diventate portabandiera di tutte le italiane.

Un documentario egregiamente realizzato da donne (il montaggio è di Annalisa Forgiane) che comincia in bianco e nero e finisce a colori su un lungo e meticoloso lavoro di ricerca, presentato anche alla 63^ Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, sezione Orizzonti Doc, dove ci fu una standing ovation.

Donne, donne, ancora donne e la loro autodeterminazione. Giovanna Gagliardo, così, racconta la sua, quando nel sodalizio professionale con Miklos “scrivevamo insieme i film (…) avevo la sensazione di essere più risolta di prima, più realizzata, in realtà esteriormente apparivo come la donna che non lavorava più, la “donna di” e su questo rapporto, che nel chiuso di una stanza funzionava molto bene e appena si apriva la porta non funzionava più, si è innestato il femminismo. Il mio rapporto con Miklos è entrato in crisi quando ho cominciato a lavorare per conto mio. Finché lavoravamo insieme, il film era come la creatura, il figlio, ma nel momento in cui il mio lavoro escludeva lui, lavorando per conto mio avevo bisogno di stare per conto mio, abbiamo in pratica rotto un equilibrio”. (L’autocoscienza si fa immagine. Colloquio con G.G. di Silvia Costantini e M.Grazia Mostra EFFE 1979)