Pubblicato il

Jane Fulton e la fotografia per non dimenticare

Dopo Katrina, la fotografa americana Jane Fulton ha dedicato il suo lavoro a documentare il disastro ambientale della macchia di petrolio nel Golfo del Messico

Dawn and Everett, di Jane Fulton Alt
© 2010 Jane Fulton Alt

Vai allo speciale Verde con Stile
Esistono avvenimenti, drammatici o gioiosi, che accadono in località distanti da quella in cui ci troviamo e nonostante questo hanno il potere di irrompere nelle nostre vite grazie a chi si impegna a documentarle. Due di questi eventi, purtroppo appartenenti alla categoria dei drammi, hanno trovato una testimone d’eccezione nella fotografa Jane Fulton Alt.
A quasi sessant’anni, Jane ha trascorso una vita dividendosi tra la sua passione per le arti in genere e per la fotografia in particolare e la sua attività di operatrice sociale. Proprio dall’intersezione tra queste due anime sono scaturiti negli ultimi anni due progetti che hanno portato lei e gli eventi che ha scelto di documentare alla ribalta internazionale. Nel 2005, dopo il devastante passaggio dell’uragano Katrina nello stato della Lousiana e la scia di morte e distruzione lasciata soprattutto nella città di New Orleans, Jane Fulton ha accompagnato alcuni abitanti di un’area residenziale della città a visitare ciò che restava delle loro case, nell’ambito del programma Look and Leave organizzato dall’amministrazione locale di New Orleans e dalla Croce Rossa. Quel viaggio terribile si è concretizzato in una serie di scatti che hanno dato vita a una mostra, Look and Leave: New Orleans in the Wake of Katrina, esposta al DePaul University Art Museum di Chicago: con enorme discrezione e rispetto per il dolore di chi aveva perso tutto, Fulton è riuscita a racchiudere in particolari apparentemente futili, una scarpa abbandonata, foto di famiglia, vestiti stracciati, tutto il dramma di chi aveva perso tutto.
Di recente, Jane ha ripreso in mano la sua macchina fotografica recandosi ancora una volta nel sud degli Stati Uniti, sulle coste del Golfo del Messico, devastato da uno sversamento di petrolio da una piattaforma della compagnia inglese BP. Durato 86 giorni, e ancora in fase di assestamento, questo disastro è considerato uno dei peggiori tra quelli causati dall’uomo all’ambiente: oltre ai danni al mare e alle specie animali e vegetali che ci vivono dentro, la marea nera di petrolio che si è andata formando nel Golfo del Messico ha causato enormi danni economici alle popolazioni di stati come la Lousiana, il Mississippi, l’Alabama e il New Mexico, colpiti dalla fuga di turisti e di investitori.
“Questo disastro ambientale, sociale ed economico” – scrive la Fulton sul suo sito – “mette in luce un problema molto più grande: le indicibili sofferenze che abbiamo inflitto alla terra a causa dello sfruttamento delle risorse di tutto il pianeta. Siamo tutti responsabili” – continua – “di condurre una vita  che crea una domanda energetica non sostenibile”. Il lavoro di Jane nel Golfo del Messico ha dato vita a una mostra intitolata, con un gioco di parole, Crude Awakening, un “brusco risveglio”, ma anche un “risveglio dal greggio”: una serie di scatti che ritraggono bagnanti imbrattati di petrolio sulle spiagge del Golfo. Le istanze della perdita, fisica e spirituale, del dolore e dell’amore ritornano in tutto il lavoro di questa straordinaria testimone del nostro tempo, impegnata, come tanti altri artisti, a documentare le follie umane.
Vai alla rubrica Protagonisti di Stile.it