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L’ultimo saluto a Mario Monicelli

Il mondo dello spettacolo è in lutto per la morte del grande regista, che ha lasciato un’impronta indelebile nel cinema italiano e nel panorama culturale mondiale

Mario Monicelli

Difficile fare un ritratto di Mario Monicelli. Difficile perché sono troppe le cose da raccontare, troppi i film che hanno fatto storia, troppo il suo contributo al cinema italiano e alla cultura tutta, troppi gli aneddoti, le interviste, le opinioni, le amicizie, le storie che raccontano la vita di un grande uomo. Un Maestro con la ‘M’ maiuscola, l’ultimo ad andarsene dei grandi registi del cinema italiano. Un Padre per il genere cinematografico della commedia, un pioniere, un’instancabile osservatore della realtà italiana, un creatore di personaggi che sono rimasti impressi nella memoria collettiva. Che si è spento ieri, alla veneranda età di 95 anni, per sua scelta.

Dal 1936 nel suo esordio alla regia con ‘I ragazzi della via Paal’ fino a ‘L’ultima zingarata. Tributo ad Amici miei’ del 2010 Mario Monicelli ha realizzato oltre 60 film e scritto 80 sceneggiature, un vero record che solo l’età (e i tagli alla cultura, come lui stesso affermò pochi mesi fa) ha interrotto. Si trovava all’ospedale San Giovanni di Roma ieri sera, 29 novembre, quando ha deciso di buttarsi dal quinto piano. Un gesto che con lucida consapevolezza dimostra la sua volontà di scegliere, laicamente, del suo destino e della sua vita.

Il mondo dello spettacolo è in lutto, impossibile non tornare con la memoria ai suoi grandi capolavori come ‘Amici miei’, ‘Un borghese piccolo piccolo’, ‘Parenti serpenti’, ‘I soliti ignoti’, ‘Il marchese del grillo’, ‘L’armata Brancaleone’, ‘Vogliamo i colonnelli’, ‘La grande guerra. E impossibile non ricordare il suo legame con i grandi attori del cinema italiano, da Gassman a Sordi, passando per Totò e Ugo Tognazzi.

Basiti i suoi colleghi, sia per l’enorme lutto che per la dinamica del gesto che "…nasce anche dal fatto che era un super laico, uno che voleva gestire la sua vita fino in fondo, un gesto da lucidità giovane" commenta il regista Carlo Lizzani. Una scelta "che va rispettata, Mario aveva insegnato a tutti il rispetto delle regole e della tolleranza e così se qualcuno gli avesse chiesto perché il suicidio, avrebbe risposto: saranno pure i fatti miei" commenta Michele Placido. "Non  tollerava l’idea di dipendere da qualcuno, posso capirlo" dichiara il produttore Aurelio De Laurentiis. Altri come Gianni Amelio o Giuseppe Bertolucci hanno preferito non commentare, tanto il vuoto è incolmabile.  

Nato a Viareggio nel 1915, trasferitosi a Roma durante il Ventennio Fascista, Mario Monicelli ha presto sviluppato quello spirito anarchico e indipendente che lo ha caratterizzato fino all’ultimo. Era arrabbiato, arrabbiatissimo con gli italiani che si sottomettono ai padroni, come aveva dichiarato in un’intervista dell’anno scorso a ‘Rai per una notte‘. Era indignato dai tagli alla cultura. Partecipava alle proteste, pensava che l’Italia fosse ‘un paese smarrito‘. Incitava i giovani a farsi sentire, a non chinare il capo, a far valere i propri diritti, a scegliere con la propria testa. Come ha voluto fare lui, fino all’ultimo respiro.

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