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In Cina moda e politica non vanno d’accordo

Il rigore del Congresso Cinese non ama l’ostentazione, e i delegati che sfoggiano beni di lusso finiscono su internet con tanto di foto segnaletica

Ragazza cinese

Quando si predica bene e si razzola male può accadere che un ‘effetto boomerang’ ci faccia rimbalzare dritto in faccia la nostra incoerenza. Ed è quello che sta accadendo ai politici cinesi, i quali, lungi dal vivere nella patria terrena della giustizia, interferiscono nella vita privata dei cittadini imponendo comportamenti da adottare e censurando quelli non conformi al volere dello stato. Ma ora lo strumento tanto temuto e controllato, Internet, pare rivoltarsi contro loro stessi, che vengono ‘smascherati’ quando non si comportano coerentemente con le linee del partito. Come? Denunciando la loro passione per… i beni di lusso!

In un mercato che si amplifica di giorno in giorno, che si sta aprendo al consumismo più sfrenato (se diciamo capitalismo rischiamo l’ira funesta di Hu Jintao?), in cui i milionari si moltiplicano a vista d’occhio, i delegati del Congresso del Partito Comunista non possono permettersi indossare capi o accessori griffati se predicano sobrietà, pena la gogna mediatica, e difatti le direttive che circolavano prima del congresso riguardavano proprio il divieto di ostentare ricchezze. Ma gli utenti di diversi siti e blog attraverso Internet hanno trovato uno  strumento per beffeggiare delegate con borse di marca, giacche firmate, addirittura cinture. Se seguire il National People’s Congress e il Chinese People’s Political Consultative Conference (una sorta di convention di ‘consulenti’ e persone di spicco della società cinese) è noioso, la caccia al delegato in ghingheri è diventato invece un hobby nazionale. E immaginate che ricerca approfondita sta dietro tutto ciò se si riesce addirittura a sapere a che collezione appartiene l’oggetto in questione e quanto costa di listino! Ma vediamo alcuni esempi di quello che è stata definita sarcasticamente la ‘Bejing  Fashion Week’.

Zero tolleranza da parte degli utenti per Li Xiaoling, figlia dell’ex premier Li Peng (colui che autorizzò il massacro di Piazza Tienanmen) che ha indossato al Congresso annuale una giacca rosa di Emilio Pucci, stimata intorno ai 2000 dollari. A fronte delle sue dichiarazioni sugli stili di vita sobri, la giacca della collezione Primavera Estate 2012 è parsa davvero fuori luogo. Yang Lan, potenza mediatica fatta persona, ha sfoggiato una borsa Marc Jacobs (ma del 2008) e giacca Armani. Non sono noti i nomi di tutti i funzionari, ma si sono viste borse Hermes, Louis Vuitton e Celine, stivali Chanel, accessori Burberry.

La lista è lunga, i siti che la propongono altrettanti e i commenti infiniti. E’ incredibile come da un lato l’interferire costante dello Stato nella vita privata dei cittadini sia diventato un modus vivendi, tanto che i cittadini si prodigano a fare viceversa. Dall’altro, a svelare le incoerenze di un modello dittatoriale moderno occorre proprio quello strumento tanto temuto, la rete, e un popolo cui le limitazioni sono pane quotidiano ha sviluppato una coscienza sociale profonda, fino a non tollerare di venir presi in giro da coloro che li governano.

La Cina è il nuovo Eldorado delle grandi firme: i negozi monomarca fioccano, il consumo di gioielli è il più alto al mondo, i nomi classici del mondo della moda furoreggiano tra i nuovi ricchi. Ma in politica non ci si può permettere di predicare bene e razzolare male, e gli utenti cinesi ne danno prova, forse fino ad arrivare agli estremi (un outfit elegante per un impegno formale non è poi così fuori dal mondo…), ma tant’è, una lavata di capo ai governanti ogni tanto ci vuole.

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